Abruzzo, il Ghiacciaio del Calderone non si sta sciogliendo

Abruzzo, il Ghiacciaio del Calderone non si sta sciogliendo. E’ una delle estati più calde degli ultimi anni, non c’è dubbio. E non c’è dubbio che molti corsi d’acqua siano asciutti, le fontane a secco, e che molte località di montagna siano costrette a razionare l’uso dell’acqua corrente.

Ed è vero che stiamo vivendo un periodo siccitoso inserito in un contesto di cambiamenti climatici epocali, che lasciano il segno anche vicino a noi, ad esempio sul Gran Sasso, dove esiste il ghiacciaio più meridionale d’Europa: il Calderone. Sul quale da ieri si inseguono voci allarmanti: il Calderone è sparito a causa del grande caldo. Un sos lanciato dagli alpinisti che si sono avvicinati al ghiacciaio nei giorni a cavallo di Ferragosto e anche dai gestori del rifugio Franchetti, preoccupati perché da giorni l’acqua della sorgente stava rallentando il proprio corso. Non è proprio così. In realtà, a essere scomparso sotto le inclementi alte temperature, è il nevaio superficiale del Calderone. Resta e resiste ancora saldamente, invece, il ghiacciaio vero e proprio, quello cosiddetto “fossile”, ben protetto sotto il suolo roccioso. A intervenire riguardo a questo delicato argomento è l’Associazione meteorologica “L’Aquila caput frigoris”, costituita da un gruppo di appassionati di montagna e di meteorologia che dal 2003 porta avanti un sistematico monitoraggio proprio del Calderone. “La gran parte della massa di ghiaccio è ricoperta da detriti morenici (ghiaia e massi) – spiegano gli esperti – e la neve di accumulo invernale, che solo parzialmente riesce a sopravvivere all’estate, ricopre principalmente questi detriti, e non direttamente la massa ghiacciata, che quindi non partecipa direttamente al ciclo di accumulo e trasporto”. Dunque la notizia della sparizione del Ghiacciaio, ripresa a livello nazionale rincorrendo paure e dicerie, non è veritiera. I responsabili dell’associazione meteorologica aquilana precisano che “in caso di più annate favorevoli consecutive, con accumuli nevosi maggiori degli scioglimenti, è facile assistere alla formazione di nuovo ghiaccio al di sopra del detriti”, un processo che niente ha a che vedere con l’incremento del ghiaccio “fossile” presente al di sotto. In questi anni l’interrogativo che ci si deve porre è, invece, legato alla conservazione della ridotta massa ghiacciata fossile o alla sua eventuale scomparsa definitiva, come sottolineano i meteorologi aquilani. Ecco perché il monitoraggio sistematico è importante: da questo lavoro di osservazione, per esempio, si evince che il nevaio superficiale si consuma completamente d’estate in media una volta ogni cinque anni. Certo, è indubbio, precisano quelli di “L’Aquila caput frigoris”, che negli ultimi venti anni lo strato di ghiaccio sotto i detriti “si è ridotto di quasi un metro, passando da 26 a 25 ”. Per il resto, niente paura: risale al 2015 l’ultimo rapporto che spiega l’ottimo stato di conservazione dell’intera struttura del ghiacciaio abruzzese.

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