Pescara, il Tar dice no a ristrutturazione Stadio Adriatico

Il TAR conferma che lo Stadio Adriatico “Cornacchia” è un bene culturale! Il Comune avrebbe dovuto essere fiero della decisione della Soprintendenza, non fare ricorso ai giudici. Appello di Forum H2O e Ass. Pescara PuntoZero “Si eviti il ricorso al Consiglio di Stato e si promuova la conoscenza e la corretta gestione dell’immobile“.

In un paese normale chiunque festeggerebbe l’individuazione di un nuovo bene culturale di interesse nazionale, affermano gli esponenti dell’Associazione H2O in una nota.  A Pescara, no, l’Amministrazione Comunale equipara evidentemente la difesa dell’opera dell’ingegno di Piccinato, autore del progetto dello Stadio negli anni ’50 del secolo scorso, ad un “laccio e lacciuolo” per i loro  propositi cementificatori e propone ricorso ai giudici. Il TAR Pescara nei giorni scorsi ha rigettato il ricorso del Comune contro la Soprintendenza che aveva apposto il vincolo.

Come detto, si legge ancora nella nota, c’erano idee a nostro avviso folli, in particolare quella di trasformarlo nell’ennesimo centro commerciale con 1000 posti auto, in uno dei pochi quartieri un po’ vivibili della città dove stanno prendendo piede anche alcuni negozi di vicinato. Un’amministrazione dovrebbe essere orgogliosa di vedersi riconoscere un’architettura cittadina quale bene culturale meritevole di tutela a livello nazionale.  Un valore identitario per una città che non ricorda facilmente il suo passato.

Invece non solo è letteralmente increscioso, in un paese che dovrebbe vantarsi delle proprie bellezze e fondare il proprio reddito su di esse, dover assistere ad un ricorso contro questo riconoscimento ma riteniamo che le motivazioni della richiesta fossero a nostro avviso letteralmente inaccettabili. Il riconoscimento, secondo la tesi comunale, porterebbe ad un “inevitabile progressivo degrado dell’immobile”. Non devono essersi resi conto che è quasi una ammissione di incapacità, se vogliamo, visto che un amministratore è chiamato a saper gestire un bene, non a mandarlo in rovina.

Fortunatamente il Tribunale ha sonoramente bocciato la triste motivazione del comune. In altri paesi la comunità chiederebbe conto di queste parole dell’amministrazione contro un bene di cui andar fieri.

Siamo fiduciosi, però, in un ravvedimento operoso da parte dell’Amministrazione Alessandrini. Si abbandoni l’idea di trasformare lo Stadio in un centro commerciale e non si proponga appello al Consiglio di Stato. L’Assessore Civitarese ci ha presentato delle linee guida per una riqualificazione urbana volta a far diventare Pescara la città del benessere. Per ora sono mere indicazioni. Ecco, rinunciare al ricorso al Consiglio di Stato sarebbe un primo segnale che si vuole cambiare rotta e andare veramente in quella direzione abbandonando progetti faraonici che farebbero solo gli interessi dei costruttori.

In questo senso si possono recuperare anche ulteriori risorse pubbliche, stralciando interventi inutili e altrettanto cementificatori dal Masterplan e reindirizzando quegli investimenti in qualcosa di utile per la cittadinanza e la qualità della vita.

Qui sotto un estratto della sentenza con le parti più significative.

Qui la sentenza integrale: https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=KR6H3OC43JNVL2UJJWHNFE32TU&q=soprintendenza

LA SENTENZA:

Sul ricorso numero di registro generale 66 del 2016, proposto da:
Comune di Pescara, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Paola Di Marco C.F. DMRPLA60H45G482T, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la sede della stessa domiciliato in L’Aquila, via Buccio di Ranallo;

per l’annullamento

del provvedimento P.C.R. n. 84 del 19 novembre 2015 con il quale il Presidente della Commissione regionale per il Patrimonio Culturale dell’Abruzzo-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha accertato la sussistenza dell’interesse culturale particolarmente importante dell’immobile denominato Stadio Adriatico G. Cornacchia di proprietà del Comune ricorrente; della relazione storico scientifica redatta dal Soprintendente e allegata al decreto;

4 – Deve essere del pari disattesa la censura secondo cui la motivazione sarebbe carente riguardo alla particolare rilevanza del bene per la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere per avere la stessa riguardato “esclusivamente gli accadimenti che hanno contraddistinto la progettazione e la realizzazione dello Stadio”.

Al di là della considerazione che l’essere “rappresentativa dell’architettura e dell’ingegneria italiana del Novecento” evidenzia il collegamento dell’opera con la storia della cultura, va osservato che già nella comunicazione di avvio del procedimento si rileva che la struttura “rappresenta un bene di interesse culturale particolarmente importante sotto il profilo storico poiché ha rappresentato un elemento molto significativo della storia del C.O.N.I. e dello sviluppo dello sport in Italia. Costruito nel 1955 su progetto di Luigi Piccinato fu realizzato sul modello ellittico dello Stadio Olimpico di Roma, con la sperimentazione tecnica nell’uso delle particolarissime strutture di sostegno della curva “Maiella”. Lo stadio Adriatico ha rappresentato una testimonianza di particolare perizia nell’uso del cemento armato, restituendo nel contempo un elemento di grande capacità espressiva. Lo stadio Adriatico ha inoltre contribuito alla diffusione dello sport ed alla nascita del particolare legame tra la città di Pescara e le manifestazioni sportive di ogni genere. Lo Stadio ha inoltre ospitato i XVI Giochi del mediterraneo del 2009 rientrando appieno nella fattispecie di beni testimonianza della storia di istituzioni collettive e pubbliche.”

Tali considerazioni sono riprese nella “Relazione storico scientifica”, in cui tra l’altro si legge: “Il progetto, dell’architetto urbanista Luigi Piccinato, concepito sul modello ellittico dello Stadio Olimpico di Roma, e con la introduzione di una interessante innovazione del sostegno a cavalletti delle tribuni, ricevette nel 1961 il Premio IN/ARCH Domosic … Lo stadio Adriatico ha rappresentato una testimonianza di particolare perizia nell’uso del cemento armato, determinando al contempo un elemento di grande capacità espressiva, in grado di “concepire e realizzare una struttura spaziale capace di «farsi guardare», di imporsi all’attenzione di fruitori per stimolarli all’osservazione. Il proporre una serie di spazi complessi, tuttavia leggibili, che spingano chi ne fruisce, ad educarsi a quella «ricercatezza» presupposto indispensabile allo sviluppo dello spirito critico, all’evolversi della capacità di giudizio”. Il successivo ampliamento, che ne ha accresciuto la fruibilità, delle curve e della tribuna con l’innesto di un secondo anello, avvenuto nel 1977, che non altera, ma integra la struttura originale, costituisce un presupposto per il successivo utilizzo, anche per la manifestazione di inaugurazione, per la sedicesima edizione dei giochi del Mediterraneo del 2009. Sotto il profilo storico rappresenta un momento importante della storia del CONI ed ha contribuito efficacemente alla diffusione dello sport e alla nascita del particolare legame tra la città di Pescara e le manifestazioni sportive di ogni genere, con particolare riferimento all’atletica leggera tanto da determinarne l’attuale denominazione “Giovanni Cornacchia”, illustre rappresentante dell’atletica leggera italiana del secolo scorso. Per tutto ciò rientra appieno nella fattispecie di beni testimonianza della storia di istituzioni collettive e pubbliche”.

Da tali considerazioni emergono, quindi, i valori di cui alla citata lett. d) dell’art. 10 che l’amministrazione ha ritenuto meritevoli di tutela, ed in particolare la valenza architettonica dell’opera (segnalata a suo tempo dallo stesso Comune in riferimento “alla nuova e sperimentale struttura di sostegno ad arco per il piano superiore, utilizzata per la tribuna Majella”) e la storia culturale e istituzionale dalla stessa testimoniata.

5 – Né può ritenersi sussistente il vizio di travisamento del fatto, visto che gli atti del procedimento non disconoscono che la struttura ha subito modifiche nel corso del tempo, evidenziando essi, in modo particolare, l’ampliamento con innesto di un secondo anello di spalti e notevole incremento della capienza originaria.

Non depone in senso contrario la mancanza di esplicita considerazione dei successivi lavori eseguiti per rendere la struttura rispondente agli standard richiesti dall’organizzazione dei Giochi del Mediterraneo. Ciò che il provvedimento ha ritenuto rilevante è che lo Stadio abbia mantenuto la sua “riconoscibilità” complessiva nonostante le successive modifiche, che non sono state ritenute tali da determinare l’alterazione degli elementi caratteristici dell’impianto (nella comunicazione di avvio si cita al riguardo “la sperimentazione tecnica nell’uso delle particolarissime strutture di sostegno della curva Maiella”, considerazione ripresa nella “Relazione storico scientifica” a “testimonianza della particolare perizia nell’uso del cemento armato”).

Poiché il vincolo ha riguardato l’immobile nel suo complesso, mentre non hanno ricevuto alcuna menzione le componenti oggetto del dedotto “considerevole incremento di superfici e volumi” (di cui, peraltro, il ricorso non chiarisce la portata né che rilevanza abbiano avuto tali lavori “di riqualificazione ed adeguamento” sulle caratteristiche originarie della struttura), deve ritenersi che queste ultime non sono vincolate in quanto tali e che non fosse perciò richiesta una specifica motivazione che le prendesse in specifica considerazione. Deve perciò ritenersi che in astratto nulla osti all’ottenimento, da parte del Comune, dell’autorizzazione a eseguire ipotetici interventi che abbiano ad oggetto tali elementi in quanto irrilevanti rispetto ai tratti caratteristici dell’impianto così come delineati nel provvedimento. Il vincolo, quindi, di per sé non impedisce né lavori compatibili con i valori tutelati, come specificati nel provvedimento e negli atti dallo stesso richiamati, né l’affidamento della gestione dell’impianto a terzi.

Va poi tenuto conto che, diversamente dalla fattispecie decisa da Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2015 n. 1003 (“Nella fattispecie in esame, va considerato che l’utilizzo della struttura per l’uso originario è stato da tempo dismesso e che allo stato non è più praticabile …: l’effetto pratico è quello del conseguente inevitabile progressivo degrado dell’immobile. Per contro, il vincolo di cui qui si verte rende in pratica impossibile una destinazione d’uso diversa da quella teatrale o cinematografica e, quindi, quanto a effetti pratici, si risolve in un vincolo di destinazione d’uso: il che non è esternato dall’atto, ma è un suo effetto reale”), a cui il Comune fa riferimento, nel caso in esame la struttura risulta essere tuttora adibita alla sua funzione originaria, sicché non si vede come dal provvedimento possa direttamente derivare un “inevitabile progressivo degrado dell’immobile”. Le difficoltà finanziarie dell’ente proprietario, che conserva il potere di concedere a terzi dell’uso del bene, non possono essere infatti messe sullo stesso piano dello stato di abbandono di un immobile che ha da tempo cessato di svolgere una funzione che non può essere ripristinata.

D’altronde, nella decisione citata, l’affermazione che “sotto le apparenze di un vincolo strutturale qui il decreto di vincolo si risolve, per la sua analiticità, in un vincolo essenzialmente di destinazione d’uso” è motivata dal fatto che “la Soprintendenza ha imposto il vincolo non solo sulla facciata, ma anche sul vano scale e sull’atrio”, così precludendo qualunque diversa utilizzazione. La stessa “analiticità”, per quanto già detto, non è ravvisabile nel provvedimento in esame, che quindi non è di ostacolo, nel rispetto degli artt. 20 e seguenti del Codice, ad interventi edilizi ed usi diversi riguardo agli elementi dell’immobile non esplicitamente presi in considerazione dagli atti in quanto privi di un’autonoma rilevanza storico-culturale.

6 – Quanto alla lamentata mancanza di un bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti, e segnatamente all’assenza di considerazione della situazione finanziaria del Comune, va osservato che il provvedimento impugnato è connotato da discrezionalità tecnica “poiché il bene culturale viene individuato a seguito di procedimento di verifica, che culmina in una dichiarazione dell’interesse culturale; infatti, l’accertamento, di natura dichiarativa, dell’interesse culturale che caratterizza ontologicamente il bene, è il risultato di valutazioni tecnico-discrezionali compiute dalla pubblica amministrazione sulla scorta di criteri tecnico-scientifici del settore di scienza umanistica che, di volta in volta, viene in rilievo (storia dell’arte, archeologia, entoantropologia, ecc.)” (Consiglio di Stato, VI, 11 marzo 2015 n. 1257), sicché non vi è spazio, in tale valutazione, per considerazioni proprie della discrezionalità amministrativa.

7 – Il ricorso deve essere quindi rigettato.

Le spese di giudizio vanno compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta. Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Michele Eliantonio, Presidente

Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore

Massimiliano Balloriani, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alberto Tramaglini Michele Eliantonio

1 Comment on "Pescara, il Tar dice no a ristrutturazione Stadio Adriatico"

  1. anabasi | 12/01/2017 at 11:23 |

    pontificano su tutto e tutti. allora e’ vero quello che si dice cioe’ che il forum H2O o forum dell’acqua sara’ il prossimo allenatore del Pescara calcio? o si limiteranno a dire quante volte al giorno possiamo andare al gabinetto?

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