Tragedia Rigopiano: 14 indagati chiamati a comparire

Pescara, 28 mar. (askanews) - Rappresentanti del Comitato vittime di Rigopiano con una delegazione oggi pomeriggio hanno incontrato il procuratore Capo di Pescara Massimiliano Serpi in procura a Pescara. Nel corso dell'incontro al quale era presente presente anche il Sostituto procuratore Andrea Papalia i rappresentanti hanno chiesto rassicurazioni sui tempi del lavoro dei magistrati. I procuratori hanno assicurato che le indagini stanno procedendo a tappeto e che nessun dettaglio sarà tralasciato. I procuratori hanno specificato inoltre che si lavorerà anche su esposti presentati successivamente, in particolare quelli sul mancato utilizzo degli elicotteri. Serpi ha anche chiesto pazienza e fiducia rassicurando i parenti delle vittime anche sui tempi dell'inchiesta, che non dovrebbero andare oltre i sei mesi. Xab

I carabinieri forestali notificano gli avvisi di garanzia ai 14 nuovi indagati nell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola. Gli interrogatori si terranno dal 19 al 27 giugno.

14 indagati dovranno comparire davanti al procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e al sostituto Andrea Papalia nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che ha provocato 29 morti. Nei giorni scorsi agli indagati era stata notificata la richiesta di identificazione con l’elezione di domicilio. Le accuse ipotizzate, a vario titolo, sono disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose. Questo filone dell’inchiesta punta a ricostruire la gestione della prevenzione e a individuare eventuali responsabilita’ nella mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo da valanghe richiesta dalla legge regionale del 1992.

Tra gli indagati ci sono: il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, gli ex governatori Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, l’ex vice presidente della Regione Enrico Paolini, i cinque assessori alla protezione civile che si sono susseguiti dal 2007 al 2017, Tommaso Ginoble, Mimmo Srour, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca, i direttori e dirigenti del dipartimento di Protezione civile di quegli stessi anni, quali Carlo Visca (direttore del dipartimento dal 2009 al 2012), Vincenzo Antenucci (dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013) e Giovanni Savini (direttore del dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014), il responsabile della sala operativa della Protezione civile Silvio Liberatore,  il dirigente del servizio di Programmazione di attivita’ della protezione civile Antonio Iovino.

Il 19 giugno saranno interrogati Antenucci, Visca e Savini. Il 20 giugno Del Turco, Ginoble, Paolini e Srour. Il 21 giugno Chiodi, Stati e Giuliante. Il 26 giugno D’Alfonso e Mazzocca. Infine, il 27 giugno sara’ la volta di Liberatore e Iovino.

Negligenza, imperizia, imprudenza, violazioni di norme di leggi e regolamenti, hanno causato la morte delle 29 vittime dell’hotel Rigopiano di Farindola. E’ quanto ribadisce la Procura di Pescara negli avvisi di garanzia notificati oggi ai presidenti di tre Giunte regionali, agli assessori regionali alla Protezione civile e a vari dirigenti che si sono susseguiti dal 2006 al 2017. Questo filone dell’inchiesta riguarda la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga prevista dalla legge regionale 47/1992 in tema di “Norme per la previsione e la prevenzione dei rischi da valanghe” nella quale “si prevedeva – si legge negli avvisi di garanzia – che a cura del Servizio di Protezione civile della Giunta regionale venisse redatta una Carta di localizzazione del pericolo da valanghe (Clpv) sulla base dei parametri predeterminati dal Coreneva (Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe) istituito ai sensi dell’art. 4 della citata legge regionale”. A giudizio della Procura, la Carta di localizzazione da pericolo valanghe “laddove emanata, avrebbe di necessita’, individuato nella localita’ di Rigopiano un sito esposto a tale pericolo (sia per obiettive evidenti ragioni morfologiche e ambientali sia per documentate vicende storiche)”. L’assenza invece della Carta “ha fatto si’ che le opere gia’ realizzate dell’Hotel Rigopiano a seguito dei permessi di costruire del Comune di Farindola in relazione a preesistente manufatto alberghiero, di cui alla richiesta al Comune di Farindola di licenza edilizia in data 6 aprile 1968 e rilascio di licenza d’uso da parte della Prefettura di Pescara il 12 novembre 1970, non siano state segnalate dal locale sindaco, ai sensi dell’articolo 11 comma 2 della citata legge regionale 47/1992, al Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e valanghe”.Secondo la Procura, tali informazioni “avrebbero determinato, ad opera del suddetto Comitato, l’immediata sospensione di ogni utilizzo, in stagione invernale, dell’albergo, fino alla realizzazione di idonei interventi di difesa anti valanghiva nonche’ – in alternativa o in aggiunta alle opere difensive – un valido piano di bonifica preventiva degli accumuli nevosi dell’area di distacco mediante procedure di distacco controllato”. A giudizio dell’accusa, Del Turco, Ginoble, Paolini, Srour, Chiodi, Stati Giuliante, D’Alfonso e Mazzocca, avrebbero “omesso di intervenire presso i funzionari responsabili del Servizio di Protezione civile, richiedendo e sollecitando tempestivamente l’attuazione e l’esecuzione degli obblighi scaturenti direttamente dalla legge 47/1992 e, in particolare, la redazione della Clpv per tutto il territorio della regione Abruzzo e questo mediante anche la necessaria individuazione delle indispensabili notevoli risorse finanziarie che presupponevano il loro reperimento in forme ordinarie implicanti una specifica volonta’ politica”. Pertanto, in cooperazione tra loro e con i funzionari responsabili della Protezione civili indagati, concorrevano nel realizzare “l’assenza delle suddette misure di salvaguardia” per cui “verificatosi un innevamento di particolare intensita’ a monte dell’Hotel Rigopiano, cui seguiva una valanga di grandissime proporzioni, la stessa travolgeva tutte le strutture dell’albergo, in quel momento con presenza di clienti e personale alberghiero, determinandone il crollo in termini di distruzione completa”. Le condotte omissive avrebbero, dunque, provocato la morte di 29 persone e “lesioni personali, anche gravissime, ad altre nove persone presenti all’interno dell’Hotel”. Visca, Antenucci e Savini, in concorso con Vittorio Di Biase, Sabatino Belmaggio, Carlo Giovani, Cristina Gerardis, Emidio Primavera, avrebbero invece omesso “di attivarsi affinche’ venisse dato corso, quanto prima, alla redazione e alla realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga per tutto il territorio della regione Abruzzo”.”Determinavano le condizioni per il totale isolamento dell’Hotel Rigopiano, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell’albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto piu’ in quanto allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio”. E’ quanto si legge nell’avviso di garanzia, per la vicenda riguardante la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), a carico del presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, del sottosegretario con delega alla Protezione civile, Mario Mazzocca, del responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore, e del dirigente del servizio di programmazione di attivita’ della Protezione civile, Antonio Iovino, in relazione alla gestione dell’emergenza. Secondo la Procura, la Regione, “nelle persone del presidente della Giunta regionale, dell’assessore con delega alla Protezione civile e dei funzionari sopra indicati”, avrebbero attivato “tardivamente il Comitato Operativo Regionale per le Emergenze”, peraltro in assenza di piani di emergenza regionali, in localita’ diversa da quella della Sala Operativa. “Con siffatte condotte colpose, connotate da negligenza, imperizia, imprudenza e violazione di norme di legge, regolamenti, ordini o discipline” – e’ scritto nel capo d’imputazione – ciascuno degli indagati “concorreva nel cagionare la morte di 29 persone e le lesioni personali, anche gravissime, ad altre 9 persone presenti all’interno dell’Hotel Rigopiano quando questa collassava colpito da valanga”. La Procura sottolinea come gli indagati fossero “consapevoli dell’emergenza neve riguardante l’Abruzzo” e in particolare l’area montana della Provincia di Pescara, sulla base delle previsioni meteo, ma anche di segnalazioni e richieste d’intervento. Nell’imputazione si fa riferimento “agli avvisi di condizioni meteorologiche avverse, diffusi dal centro funzionale Abruzzo” e ai “bollettini valanghe emessi dal servizio Meteomont”, che in particolare nell’ultimo, quello del 17 gennaio alle 14, evidenziava “pericolo valanghe di grado tra 3 e 4 per la giornata, e di grado 4, cioe’ forte, per i successivi tre giorni”. Nelle carte sono, inoltre, evidenziate la nota del capo di gabinetto della prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, “inviata il 16 gennaio 2017 a presidenza del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno e Regione Abruzzo” e il “messaggio multiplo inviato nel pomeriggio del 17 gennaio, alle 19.29, dal sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, al presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, al sottosegretario Mario Mazzocca e al presidente della Provincia, Antonio Di Marco, con urgente richiesta di mezzi spazzaneve per la mattina del 18 gennaio per liberare contrade gia’ isolate”. La Procura, infine, parla di “ulteriore consapevolezza della mancata adozione e quindi della totale carenza dei piani di Emergenza Regionale”.