Coronavirus: turisti di Introdacqua bloccati all’aeroporto di Tel Aviv

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Psicosi Coronavirus: vera e propria disavventura per una coppia di turisti di Introdacqua che sono stati fermati all’aeroporto di Tel Aviv.

Hanno chiamato la Farnesina per controllare che tutto era a posto, si sono accertati delle frontiere aperte ma una volta giunti all’aeroporto di Tel Aviv sono stati fermati dal personale al bordo e invitati a rientrare a Roma con lo stesso volo. La disavventura è capitata l’altro giorno a due turisti, Alessandra e Gianfelice, quest’ultimo originario di Introdacqua ma entrambi residenti nella Capitale, che avevano deciso di prendersi qualche giorno di pausa con la loro famiglia. Un viaggio di piacere in Israele che si è trasformato in un vera e propria iattura. Sarebbe bastata un po’ più di precisione da parte delle autorità competenti per scongiurare un danno economico ma anche emotivo perché, a bordo con la coppia, c’erano anche due bambini. Temendo che la psicosi Coronavirus potesse rovinare la loro vacanza, la coppia ha appunto contattato in anticipato la Farnesina, da cui hanno avuto rassicurazioni in merito. Per questo hanno fatto i bagagli e sono partiti il 27 febbraio per rientrare in Italia il 7 marzo.

“Ci siamo imbarcati da Roma Fiumicino diretti all’aeroporto di Tel Aviv ma prima ci siamo accertati che Israele non chiudesse le frontiere come avvenuto in precedenza”- raccontano i malcapitati turisti nella rubrica “Gran Bazar”- “quando siamo arrivati è salita l’autorità israeliana che ha avvisato il Comandante di fare un annuncio a bordo per evitare che scendessimo a terra. Per cui ci hanno invitato a rimanere seduti e hanno fatto scendere solo gli israeliani. Si sono quindi accertati della nostra provenienza e ci hanno comunicato che saremmo dovuti tornare a Roma con lo stesso volo”. Insieme alla coppia c’erano anche altri passeggeri italiani. Uno “disguido” che è costato dieci ore di volo complessive oltre all’apprensione e al disagio di effettuare un viaggio a vuoto, con il conseguente danno economico. “Non potevamo fare assolutamente nulla né comunicare con i nostri familiari,” conclude la coppia.

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