Pescara Nord, moria di meduse sulla battigia

Fenomeno stagionale: cosi gli esperti spiegano la presenza delle tante meduse morte affiorate ieri sulla battigia della spiaggia di Pescara Nord.

I pochi bagnanti che hanno sfidato le nuvole per godersi una giornata di mare hanno avuto una brutta sorpresa quando, entrando in acqua – peraltro decisamente calda – si sono accorti della presenza di tante meduse morte in galleggiamento o trasportate dalle piccole onde che si formano a riva. Qualcuno, pazientemente, le ha estratte dall’acqua, sapendo che il loro potere urticante avrebbe potuto ancora nuocere, in particolare ai bambini che giocavano sulla battigia. Anche oggi sono state avvistate diverse meduse, sempre nella stessa zona, tra la pineta Nord e la rotonda Paolucci.

Abbiamo chiesto spiegazioni a due esperti, il dottore veterinario Vincenzo Olivieri e il biologo marino Sergio Cuccione, rispettivamente presidente e segretario del Centro Studi Cetacei Luigi Cagnolaro di Pescara. Entrambi hanno spiegato che dovrebbe trattarsi di un fenomeno naturale, legato alla stagione. Cuccione ha parlato di “primavera del mare”, un momento dell’anno in cui, come accade nella natura emersa, si assiste al “risveglio” vegetativo delle alghe e di altri organismi, come le meduse. All’origine della morte ci sarebbe la forza delle correnti, contro le quali le meduse sono inermi, che le hanno fatte spiaggiare. Dunque nulla di allarmante, almeno per questo tipo di meduse, verosimilmente del tipo Aurelia aurita. Altra cosa sarebbe stata se si fosse trattato di meduse non comuni nel nostro mare, per esempio di tipo tropicale. Da Wikipedia:

“La medusa quadrifoglio (Aurelia aurita) è una delle meduse più note e diffuse appartenente al genere Aurelia. È facilmente riconoscibile dalla forma perfettamente sferica del suo ombrello, di un bianco diafano e trasparente, e soprattutto dalla presenza, sulla sommità dello stesso, di quattro strutture circolari, le gonadi, che formano una struttura a forma di quadrifoglio, da cui deriva il nome comune della specie. Possiede inoltre dei corti e sottili tentacoli urticanti che scendono dal bordo dell’ombrello, dandogli un aspetto frastagliato, e quattro braccia più spesse che dipartono dal centro dell’ombrello, evidenti però solo negli individui più anziani”.

 

    Le meduse avvistate a Pescara                                                                         

Medusa Aurelia aurita

Come comportarsi e cosa fare in caso di punture di meduse (vademecum del Corriere Salute stilato con la consulenza di Enzo Berardesca, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma a cura di Paola Arosio

Cinque cose da fare

  • 1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.
  • 2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.
  • 3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).
  • 4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.
  • 5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico – spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

Cinque cose da non fare

  • 1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.
  • 2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi – sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».
  • 3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.
  • 4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.

5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+)

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