La sede aquilana dell’INGV è a rischio?

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Breve storia della sede aquilana dell’INGV, per alcuni a rischio chiusura, per altri a permanenza garantita in una zona considerata ad alto rischio sismico.

Capita a volte, nel magma delle notizie che attraversano le redazioni e i cervelli dei giornalisti, di immagazzinarne qualcuna quasi a nostra insaputa e di tenerla lì sapendo che, prima o poi, tornerà utile. Poi, un giorno, quelle sinapsi misteriose si collegano, così viene naturale mettere insieme un pezzo che provi a tracciare una qualche logica dei fatti, ammesso che ci sia. Prendiamo il terremoto, che sembra privo di logica ma che invece ce l’ha, ferrea. E prendiamo tutto quello che gli ruota attorno, a cominciare dagli studiosi che ne spiano le mosse, talvolta cercando incautamente di prevederle. Quando si verifica una scossa simica una delle prime cose che fa chi, per sua fortuna, non deve occuparsi di scappare, di mettere in sicurezza i familiari o di scansare le macerie, è collegarsi al sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia per vedere se e dove la terra stia tremando. Sorvolando sul fatto che ieri, come il 24 agosto, nei primi momenti del sisma il sito – probabilmente intasato – risultava inaccessibile, si può comunque affermare che per reperire informazioni ufficiali, certo più soppesate e documentate rispetto ai deliri dei social, l’INGV è ritenuto un interlocutore serio. Nato come ente di ricerca, a seguito del terremoto del 1980 in Irpinia l’Istituto Nazionale di Geofisica aggiunse alle proprie competenze anche il servizio di sorveglianza sismica h24. Dal 1999 si occupa anche di rivcerca vulcanica, per questo il nome oggi è Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Dunque non dovrebbe stupire che un tale colosso, che ha la sua sede principale a Roma, ne abbia una anche nell’aquilano, zona ritenuta a maggiore pericolosità sismica d’Europa. All’indomani del terremoto del 6 aprile 2009 l’allora presidente dell’Ingv, Enzo Boschi (finito poi sotto processo per la Commissione Grandi Rischi e assolto con formula piena in Appello e in Cassazione) individuò la sede aquilana nel cuore del centro storico. Studiare il fenomeno da vicino era – ed è – importante, quindi non dovremmo più sorprenderci quando sentiamo ciò che è noto da anni, ossia che l’Abruzzo e le regioni confinanti (Marche, Umbria, Lazio e Molise) sono parti di una rete di più faglie in grado di generare scosse di magnitudo significativa. Resta da chiedersi cosa si intenda in Italia per magnitudo significativa, poiché – come si sa – tutto è relativo: da noi bastano 5 o 6 gradi della scala Richter per produrre morte e distruzione mentre, a parità di condizioni (e anche superiori) in Giappone o in California rimane tutto in piedi. Questo per dire quanto possa essere utile che vi sia chi continua a studiare i terremoti, così come le tecniche di costruzione in zona sismica. Eppure da qualche tempo si parla di chiusura della sede dell’INGV aquilano. Il Sole 24 Ore, il 12 ottobre 2016, titolava: “Verso la chiusura la sede Ingv dell’Aquila”. Nell’articolo, firmato Mariano Maugeri, si specificava che mancavano 80 giorni alla smobilitazione dell’Ingv dell’Aquila: “Non ci sono più soldi e stavolta non c’è nessuno che picchi i pugni sul tavolo come fece Boschi all’epoca”. Maugeri aggiungeva che lo stesso Boschi gli aveva raccontato: “M’impuntai perché era ovvio che dopo il terremoto del 6 aprile non c’erano più attenuanti: il sottosuolo di quest’area andava indagato con sistematicità”. I soldi poi arrivarono, grazie ad un accordo tra il Miur e l’Ingv. L’autonomia garantita era stata fissata in cinque anni, ma alla fine del 2015 la permanenza venne prorogata di un anno.

“A capo della struttura – si legge ancora sul Sole 24ore – che coordinava una trentina di esperti, la maggioranza dei quali con contratto a tempo determinato, viene nominato il sismologo Fabrizio Galadini. Dopo la partnership con il Ministero della Ricerca scientifica, servirebbe una convenzione tra Ingv e Regione Abruzzo. A parole tutti d’accordo. Galadini tra una ricognizione e l’altra sul campo per studiare le faglie abruzzesi (quella di Amatrice nasce nella frazione di Preda e arriva fino alla valle del Vomano, 20 chilometri più a nord, a cavallo tra Lazio e Abruzzo) cerca di sensibilizzare uno a uno tutti i big regionali…”.

Inutilmente, almeno secondo il quotidiano, che aggiunge:

“L’Ingv oltre che del monitoraggio sismico si occupa dello studio delle faglie attive, quella sporca dozzina che ha seminato morte e terrore (compreso il terremoto di Avezzano del 1915, magnitudo 7.0 e 30mila morti) e soprattutto la risposta dei terreni alle sollecitazioni sismiche, la cosiddetta microzonazione in corso dal 2010 su 2 mila Comuni italiani. Un lavoro che l’Aquila svolge anche per l’Umbria e le Marche, con il sostegno e il raddoppio di marcature dell’Ingv romano. I ricercatori non sono rimasti ad aspettare la morte per inedia. E parecchi di loro hanno preferito migrare all’estero o in altre parti d’Italia dove la ricerca sismologica e l’esperienza sul campo valgono di più che all’Aquila. Galadini non molla: «Io non smetterò di lottare, questa struttura è insostituibile». E, per rinfrescare la memoria dei politici aquilani, cita tra le dodici faglie abruzzesi pure quella di Campotosto, che passa a poco più di trecento metri dalla diga del Rio Fucino, uno dei tre invasi del lago di Campotosto (dieci chilometri da Amatrice e 48 dall’Aquila), il secondo bacino artificiale più grande d’Europa nella zona più sismica del vecchio Continente”.

Poco dopo è arrivata la replica dell’Ingv, confermata dalle parole dell’assessore al bilancio Silvio Paolucci che a Rete8 ha dichiarato che la Regione Abruzzo è pronta a fare la sua parte.

“L’Aquila è una sede storica dell’Istituto Nazionale di Geofisica, trasformatosi nel 1999 nell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Le notizie apparse nei giorni scorsi sulla stampa di una volontà, da parte dell’INGV, di chiudere la sede de L’Aquila sono prive di fondamento. L’attuale sede dell’Istituto, presso gli uffici di via dell’Arcivescovado, si era sviluppata grazie al Progetto Abruzzo – Accordo di Programma tra il Ministero della Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) e la Regione Abruzzo – per rispondere alle nuove esigenze di approfondimento scientifico e alle politiche di studio, monitoraggio e prevenzione sorte a seguito del tragico evento sismico del 2009. Da alcuni anni un gruppo di ricercatori a tempo determinato, geologi, ingegneri, fisici, vi svolge attività di ricerca nel campo della sismologia applicata all’ingegneria, della geologia e geofisica ambientale e della pericolosità sismica. Attualmente, per ragioni logistiche (sede nella zona rossa con problemi di accesso per il personale e mezzi di servizio), la sede è in fase di trasferimento presso i nuovi uffici ubicati nella zona di Porta Napoli. Questa scelta si lega anche all’imminente chiusura del progetto di ricerca Abruzzo, motivo per cui l’INGV è in attesa della formalizzazione di un nuovo rapporto di collaborazione con la Regione, in assenza del quale si andrà incontro a una significativa riduzione delle attività di ricerca, connessa alla contrazione dell’organico. (Roma, 15 ottobre 2016)”.

Fuori dal coro degli ottimisti resta Enzo Boschi, che su ilfoglietto.it gestisce una rubrica e che, oltre alle perplessità sulla permanenza dell’INGV nelle sede aquilana, dieci giorni fa ha scritto parole che, dopo il nuovo sisma in corso da ieri, potrebbero risultare profetiche, ma che in realtà sono – molto più semplicemente – frutto di ben più terreni studi scientifici.

“La notizia della possibile chiusura della sede aquilana è apparsa sul prestigioso Sole 24 Ore mercoledì 12 ottobre, scritta da un ottimo giornalista, che ha parlato con Fabrizio Galadini, direttore della sede e persona responsabile e competente. La smentita dell’INGV è arrivata sabato 15, tuttavia al momento non è ancora chiaro se esistano iniziative credibili per mantenere la sede dell’INGV in una delle zone a maggiore pericolosità sismica d’Europa. Nel 2009, immediatamente dopo il terremoto, riuscii a trovare nel centro storico aquilano un edificio che era stato ristrutturato da poco tempo e che aveva resistito splendidamente alle scosse. Adattissimo per sua natura per farci un centro di ricerca sismologica e di ingegneria sismica. Doveva, a mio avviso, sorgere assolutamente nel centro storico devastato per dare un segnale che dai terremoti ci si può e ci si deve difendere. Il devastante terremoto di Amatrice del 24 agosto scorso sembra non aver avuto nessuna conseguenza nell’organizzazione sismologica e il centro aquilano che a 7 anni dal terremoto del 2009 doveva contare almeno un centinaio di dipendenti sta per essere azzerato. Mi si dice che il numero degli addetti in realtà è sempre stato estremamente ridotto. Uno dei compiti del centro aquilano sarebbe dovuto essere il controllo accuratissimo della sismicità in prossimità della diga di Campotosto, il secondo più grande invaso di Europa nella zona a maggior pericolosità sismica del Continente! Un invaso enorme, che dista una quarantina di km da L’Aquila e una decina da Amatrice. Nel comunicato dell’Ingv – scrive Boschi su il foglietto.it – si dice che per salvare la sede aquilana si spera in un accordo con la Regione. Evento tutt’altro che certo. Il comunicato non si pone il problema di spiegare perché i finanziamenti non debbano continuare a venire dal MIUR: la Sismologia è una disciplina fisica che ha la stessa dignità delle altre discipline fisiche, con la differenza che, in un Paese fortemente sismico, è anche utile e assolutamente necessaria per la sicurezza di persone e cose… All’indomani del devastante terremoto di Amatrice è difficile comprendere una tale insensibilità da parte dei vertici del MIUR, a meno che quest’ultimo finora non sia stato adeguatamente e tempestivamente informato e sollecitato. Si cambi pure indirizzo alla sede aquilana, se è necessario – conclude Enzo Boschi – ma non ci si venga a dire che sismologi e ingegneri sismici accettano che venga loro impedito di entrare in zone colpite da terremoti! Non si penserà mica che con quel che è successo il 24 agosto la storia sia finita?”.

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