Abruzzo: idrocarburi, le ragioni di un settore che non vuole scomparire

A Ravenna manifestazione nazionale con imprese, sindacati e organizzazioni di categoria del settore degli idrocarburi che sottolineano i danni che derivano dal Decreto Semplificazioni al settore OIL & Gas.

Perdita di posti di lavoro, chiusura di aziende, abbattimento della produzione nazionale, aumento di dipendenza dall’estero: sono alcuni delle conseguenze derivanti dal decreto semplificazioni nel settore degli idrocarburi. A Ravenna presenti anche alcune imprese abruzzesi che difendono il loro diritto a esistere e produrre ricchezza e lavoro.

Di seguito il documento a firma di Confindustria Chieti Pescara.

L’Abruzzo ha una lunga storia estrattiva che inizia già in epoca romana con le miniere di bitume del massiccio della Maiella e prosegue con le scoperte di idrocarburi liquidi nella stessa area nella seconda metà dell’800. In epoca più recente risale agli anni ’30 del XX secolo la coltivazione del primo impianto estrattivo industriale in Italia nel territorio di Alanno in provincia di Pescara. Da allora numerose e ulteriori scoperte di idrocarburi sono state fatte sia in terraferma che nel mare abruzzese, dove diverse piattaforme (16 attualmente) producono sia gas, la maggioranza, che petrolio, da decenni in un contesto di sostenibilità ambientale confermato dall’assenza di eventi disastrosi o di episodi di inquinamento.

La valorizzazione delle risorse naturali (in particolare il gas, la fonte energetica più pulita e disponibile presente in Abruzzo, in Italia e nel mare circostante) può contribuire significativamente a coprire il tempo necessario per raggiungere gli obiettivi di autosufficienza energetica e ad alimentare, attraverso un uso intelligente della fiscalità generata dalle produzioni, risorse finanziarie che potrebbero essere destinate in ambito regionale e comunale a investimenti di riqualificazione ambientale e sostegno al turismo.

La storia petrolifera abruzzese ha permesso la nascita sul territorio regionale di una filiera di oltre 80 aziende di ogni dimensione e capacità operativa e l’insediamento di aziende anche multinazionali, che da decenni offrono servizi altamente qualificati, ricercati sia in Italia che all’estero; esse, prima della crisi, sono arrivate ad assicurare lavoro e reddito a oltre 6000 addetti specializzati.

Le politiche pesantemente penalizzanti che negli ultimi anni hanno colpito il settore sono state dovute a scelte che i governi nazionali e regionali, susseguitisi a partire dal 2010, hanno prodotto sulla base di pressioni indotte di parte dell’opinione pubblica e al di fuori di ogni riflessione seria sul presente e futuro energetico del Paese e del comparto.

Tali scelte hanno già prodotto danni irreparabili: in Abruzzo ciò si è tradotto nella scomparsa di decine di imprese, nella riduzione di attività o nella delocalizzazione per tante altre e nella perdita lenta e inascoltata di oltre 3000 posti di lavoro tra diretti e indiretti. Ovviamente la rinuncia a nuovi importanti investimenti di natura privata per un totale di circa 1,5 miliardi ha portato, oltre all’aumento della dipendenza energetica dall’estero, alla perdita di ritorni economici per centinaia di milioni per il Paese e per la Regione Abruzzo sotto forma di fiscalità diretta e indiretta, oltre a non generare nuovi posti di lavoro.

Con la conversione del Decreto Semplificazioni si assesta il colpo di grazia a un settore a elevatissima capacità tecnologica, attento alla preservazione ambientale, demonizzato se opera nel proprio territorio ma che viceversa diventa gloria nazionale quando opera all’estero.

Le imprese e le loro rappresentanze di categoria, unitamente alle organizzazioni dei lavoratori, non ci stanno.

Fanno appello agli organi di governo e ai parlamentari perché sia scongiurata la scomparsa del settore.
Sono disponibili a ridiscutere le regole ma in un quadro di riconoscimento delle proprie capacità e di una politica energetica che veda la coesistenza delle fonti tradizionali e rinnovabili e la possibile transizione come un fattore di crescita del Paese e della sua ricchezza e non solo come uno strumento di vessazione per portare alla chiusura di tutte le attività.

Le imprese abruzzesi della filiera estrattiva hanno diritto alla propria dignità al pari di ogni altro settore produttivo, e chiedono un confronto aperto, leale, privo di pregiudizi e teso alle soluzioni positive per tutti.