Ud’A, Capasso porta dg e rettore davanti al Tar

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Non intende arrendersi il professore della “d’Annunzio” Capasso: direttore del Museo universitario, ordinario di antropologia, la sua cacciata dal Cda Ud’A finisce davanti ai giudici del Tar di Pescara.

La storia, l’ennesima dal sapore giudiziario per l’Università “G. d’Annunzio”, è quella che vede protagonista il professor Luigi Capasso: direttore del Museo universitario, ordinario di antropologia, nel novembre del 2012 il professor Capasso viene nominato con decreto rettoriale componente del consiglio di amministrazione della d’Annunzio. Quattro anni dopo, nel gennaio del 2016, Capasso viene improvvisamente esautorato e rimosso dal Cda Ud’A sempre con un decreto a firma del Rettore Di Ilio. La motivazione della cacciata di Capasso, da subito addotta dal duo Dg-Rettore, fu quella della incompatibilità di ruoli  troppo”convergenti”, una sorta di conflitto di interessi del docente-direttore- membro del Cda. Spiegazione dinnanzi alla quale l’ambiente universitario rumoreggiò molto e l’ordinario di antropologia, direttore del Museo di piazza Trento e Trieste a Chieti, non intese piegarsi: Di Ilio e Del Vecchio sapevano perfettamente, del resto, chi stavano nominando all’interno del Cda Ud’A. Persino l’ultimo degli uscieri, ultimo in termini di assunzione sia chiaro, sa chi è Luigi Capasso. Partendo anche da questo ” assunto” i legali del professore hanno presentato ricorso al Tar di Pescara: l’udienza di venerdì prossimo dirà se Dg e Rettore hanno ben operato, nel solo interesse dell’ateneo, o piuttosto se siano state violate norme e regolamenti. Il professor Capasso, ad esempio, poteva forse essere messo nelle condizioni di scegliere quale dei due incarichi universitari mantenere in modo da evitare ogni possibile conflitto d’interesse? E, soprattutto, quali sono i veri motivi della repentina cacciata con tanto di richiesta di 230 mila euro di soldi spesi da Capasso per missioni museali che il dg ritiene, invece, debbano esser restituiti all’Università perchè indebitamente gestiti.

Ud’A, caso Capasso