Riforma Corpo Forestale: anche Tar Abruzzo ricorre alla Consulta

Con la riforma che ha assorbito la Forestale nei carabinieri, il personale del Corpo che voleva continuare ad operare nel comparto sicurezza ha dovuto accettare una ‘militarizzazione forzata’: unica alternativa andare in altre amministrazioni dello Stato, ossia cambiare mestiere. Tre Tar, incluso quello dell’Abruzzo, hanno portato davanti alla Consulta la ‘questione’.

 

AGGIORNAMENTO ORE 18.20- E’ legittimo l’assorbimento del Corpo dei forestali nell’Arma dei carabinieri. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che ha dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità sollevate da tre Tribunali amministrativi regionali (Abruzzo, Veneto, Molise).

 

Con la riforma che ha assorbito la Forestale nei carabinieri, il personale del Corpo che voleva continuare ad operare nel comparto sicurezza ha dovuto accettare una “militarizzazione forzata’ perché l’unica alternativa possibile era andare in altre amministrazioni dello Stato, cioè cambiare mestiere. Con conseguenze anche sul piano dei diritti civili: un militare non può, per esempio, scioperare e vede limitate libertà quali quella di associazione e quella di esercizio dell’attività politica. Così alcuni ex appartenenti al Corpo Forestale che volevano restare nel comparto sicurezza ma non diventare militari hanno fatto ricorso. E tre Tar che ne sono stati investiti, di Abruzzo, Veneto e Molise, hanno portato la questione davanti alla Consulta, che forse già oggi potrebbe sciogliere il nodo posto da chi ha impugnato la norma nata dalla legge Madia del 2015 e dai successivi decreti.

Diverse le argomentazioni messe sul tavolo dagli avvocati dei ricorrenti Egido Lizza, Vittorio Angiolini e Emanuela Mazzola. Con la militarizzazione c’è stato un “sacrificio clamoroso dei diritti dei lavoratori” perchè il risparmio di spesa voluto dalla riforma poteva essere raggiunto accorpando il Corpo forestale alla polizia di Stato. Risparmio che nella realtà secondo gli avvocati non ci sarebbe nemmeno stato, considerato che solo le spese di approntamento del passaggio della Forestale all’arma dei carabinieri sarebbero ammontate a 33 milioni di euro e non sarebbe stata compiuta nessuna delle dismissioni immobiliari previste. Non solo: per gli appartenenti alla Forestale “non c’è stata una vera libertà di scelta”: troppo pochi i posti disponibili nelle altre amministrazioni (600, meno del 10% del personale), con il rischio di finire, in caso di non accettazione della domanda, in mobilità. Da censurare per i legali anche il “tradimento della delega” da parte del Governo, che non avrebbe rispettato l’indicazione ricevuta dal Parlamento di rispettare le “peculiarità” delle forze di polizia coinvolte nella riorganizzazione, come quella di “polizia civile” propria della Forestale con la nascita della Repubblica. “L’articolo 97 della Costituzione impone allo Stato di organizzare la pubblica amministrazione in modo di assicurane il buon andamento. E la confluenza della Forestale nei carabinieri realizza questo principio” hanno replicato gli avvocati dello Stato Leonello Mariani e Gesualdo D’Elia, in rappresentanza del governo, che hanno parlato di una “buona riforma” e spiegato che la scelta è ricaduta sull’Arma perchè ha funzioni e distribuzione territoriale più simili a quelle della Forestale. I diritti dei lavoratori, secondo la loro tesi, non sono stati compressi: “la militarizzazione poteva essere evitata chiedendo il transito nelle altre amministrazioni” e comunque “diritto al lavoro non significa diritto alla conservazione di un determinato posto di lavoro”, altrimenti sarebbe impossibile procedere a qualsiasi riorganizzazione.