Telecom: sit-in dei lavoratori a Pescara

Il logo Telecom Italia all'entrata della sede di Rozzano in una foto del 13 aprile 2010. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

Telecom: sit-in dei lavoratori a Pescara, circa 700 provenienti da tutto Abruzzo per protestare contro le scelte aziendali a livello nazionale.

Sciopero e sit-in di protesta questo pomeriggio a Pescara di una rappresentanza dei 700 lavoratori abruzzesi della Telecom preoccupati per il futuro, in conseguenza delle scelte aziendali a livello nazionale. Davanti alla sede Telecom di via Tiburtina con striscioni, fischietti e volantini distribuiti ai passanti, i dipendenti della società telefonica hanno manifestato il loro disagio chiedendo lumi all’azienda. “Questa protesta – spiega Guido Cupido, Slc Cgil Abruzzo – nasce dalla disdetta, da parte della Dirigenza Aziendale di Tim, del contratto di secondo livello, ovvero il contratto aziendale, che determinerà un taglio secco dei diritti e dei salari dei lavoratori”. “Un fatto grave – prosegue – anche perché in questa azienda i lavoratori sono al settimo anno di applicazione dei contratti di solidarietà, quindi da tempo si fa ricorso ad ammortizzatori sociali. Questa azienda vuole competere sulla riduzione dei costi senza dare prospettive occupazionali. In Abruzzo – aggiunge Cupido – siamo circa 700, ma questa non è una protesta solo regionale, è italiana, con tutte le regioni che si stanno mobilitando per chiedere al top management di ritirare la disdetta. Una protesta che si concluderà con una manifestazione nazionale il 13 dicembre a Roma”. “Siamo preoccupati perché il Piano che sta portando avanti il nuovo amministratore delegato di Telecom prevede di fatto solo tagli nell’ordine di un miliardo e 600 milioni – precisa Silvano Del Cotto, Fistel Cisl – senza parlare di un Piano industriale di rilancio e sviluppo aziendale. La disdetta di tutti gli accordi aziendali fa sì che ci sia un ritorno indietro di cinquant’anni e questo non è accettabile”. Rosario Marini, Uilcom Abruzzo, sottolineato: “Oggi si lotta per i diritti, per il lavoro e per la nostra Azienda che nel 1999 contava 120mila dipendenti e oggi solo 45mila. La verità è che con questa disdetta del contratto di secondo livello si vuole ridurre il salario dei lavoratori. Basta tagliare sulle persone, sugli stipendi e sui servizi”.