Rigopiano: legge pericolo valanghe disattesa per anni

Rigopiano: legge pericolo valanghe disattesa per anni, la L.R.47 del ’92 prima trascurata poi nel 2014 rispolverata ma mai attuata. I legali di alcuni indagati denunciano l’Amministrazione Regionale.

Venerdì scorso la denuncia depositata alla Procura dell’Aquila a firma, rispettivamente, del legale del Comune di Farindola Massimo Manieri; del legale del tecnico comunale Enrico Colangeli, Cristiana Valentini e del legale del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, Goffredo Tatozzi, questi tre, lo ricordiamo, indagati per omicidio colposo per la tragedia dello scorso 18 gennaio all’Hotel Rigopiano. Sulla base di un’indagine difensiva avviata già a metà febbraio, e che ha consentito di acquisire un’enorme mole di documenti presso gli Uffici della Regione Abruzzo e di avvalersi della consulenza di un pool di tecnici, si é giunti alla conclusione che potrebbero esserci delle gravi responsabilità in capo a dei ruoli specifici all’interno dell’Amministrazione Regionale e che su queste, ora, dovrà effettuare i dovuti accertamenti il magistrato inquirente. Si parte dalla Legge Regionale 47 del 18 giugno del 1992, Norme per la previsione e la prevenzione dei rischi da valanga. Una legge esemplare introdotta, oltre all’Abruzzo, in altre 7 regioni italiani all’indomani della sciagura del Pavillon del ’91 vicino Courmayeur. All’articolo 2 s’impone la realizzazione di una carta di localizzazione dei pericoli da valanga in base alla quale va inviata la notifica ai Comuni interessati di vincoli urbanistici e ordini tassativi di sgombero su immobili ricadenti nelle aree a rischio, oltre all’obbligo di realizzare la messa in sicurezza attraverso la costruzione di paramenti anti-valanga. Questa importante Legge é stata, secondo i legali, letteralmente dimenticata per oltre 20 anni, fino al 17 marzo del 2014 quando l’allora Giunta Regionale, con la delibera 170 ordinò agli uffici preposti di realizzare e divulgare la carta di localizzazione dei pericoli da valanga. Questo ordine, però, non sarebbe stato ottemperato, e le ragioni dovranno ora essere individuate dalla Procura, sicuramente, in caso contrario, se la legge fosse stata applicata, quanto meno, quel terribile 18 gennaio, l’hotel sarebbe stato preventivamente sgomberato:

“Vogliamo capire, ed immagino anche la Procura – spiega Massimo Manieri legale del Comune di Farindola – quale é stato il passaggio che ha determinato questo grave disservizio attraverso tutta la filiera, dalla Giunta regionale, alla Protezione Civile, fino all’ufficio prevenzione prevenzione e controllo ambientale e all’Ufficio rischio neve e valanghe.”

Se fino al 2014 c’é stata trascuratezza, dalla famosa delibera regionale 170  si potrebbe prefigurare anche il dolo eventuale:

“Ci siamo ispirati alla sentenza di Cassazione a Sezioni Unite Thyssen Krupp – spiega Cristiana Valentini – secondo la quale é valutabile l’ipotesi per la quale le omissioni in oggetto abbiano carattere doloso, in quanto i protagonisti, tutti molto esperti della materia, hanno palesemente accettato il rischio della verificazione dell’evento disastro.”

IMG_1843

Chiediamo all’avvocato Tatozzi se sono già state individuate responsabilità personali:

“Noi abbiamo indicato dei ruoli – precisa Tatozzi –  poi spetta alla Procura affibbiare a questi ruoli nomi e cognomi. Intanto abbiamo chiesto a diversi dirigenti regionali di rispondere ad alcune domande relative alla nostra indagine difensiva, ai nostri inviti non hanno risposto, risponderanno, a questo punto, al Pm.”

Intanto domani il comitato parenti delle vittime di Rigopiano sarà ricevuto in udienza da Papa Francesco.

Intanto il 28 maggio prossimo, su richiesta dei legali del Comune di Farindola, del sindaco Ilario Lacchetta e del tecnico comunale Enrico Colangeli, sarà ascoltato Sabatino Belmaggio, dirigente del Servizio Prevenzione dei Rischi di Protezione Civile, alla presenza del pm Andrea Papalia, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Pescara sul disastro dell’Hotel Rigopiano, che vede indagati Lacchetta e Colangeli, insieme al presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, al direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso e ai due funzionari della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, con le accuse di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime e atti omissivi in materia di sicurezza del lavoro.

“Abbiamo chiesto che fosse ascoltato già da molto tempo – rimarca l’avvocato di Lacchetta e Colangeli, Crisitana Valentini – e abbiamo moltissime domande da porgli”. Quanto all’acquisizione di documenti avvenuta nella giornata di ieri presso l’Ufficio prevenzione rischi e Protezione civile della Regione Abruzzo, Valentini dice di non sapere “abbia a che vedere con il nostro esposto. Abbiamo presentato la denuncia a L’Aquila il 12 maggio scorso – conclude l’avvocato – ma già da diversi mesi, quando però non eravamo ancora in possesso degli ultimi documenti, avevamo fornito i nostri elaborati alla Procura di Pescara”.

“La Carta storica redatta dalla Regione riporta dati dal 1957 in poi, con un altro grado di approssimazione, dato che l’arco di tempo esaminato, pari a 60 anni, è poco significativo rispetto ad eventi che hanno tempi di osservazione molto lunghi e poiché sono state utilizzate basi cartografiche con scale molto approssimative”. Così Marco Cordeschi, l’ingegnere specializzato in area montuose, che nell’ambito delle indagine difensive, per conto dei legali del Comune di Farindola, del sindaco Ilario Lacchetta e del tecnico comunale Enrico Colangeli, ha realizzato uno studio sul modello della Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga (Clpv), compiuto attraverso rilievi sul posto e l’esame di immagini satellitari anteriori al disastro. Uno studio dal quale emerge che l’Hotel Rigopiano di Farindola, insieme ad altre quattro aree del comprensorio, si trovava in una zona a rischio valanga. “Questo studio presenta un livello di dettaglio molto più elevato – ha osservato Cordeschi -. Al contrario la Carta storica realizzata dalla Regione rappresenta uno strumento puramente compilativo e non può dare vita ad elaborazioni di alcun tipo”. Secondo l’avvocato Cristiana Valentini, che assiste Lacchetta e Colangeli, “con la Clpv sarebbe stato possibile prevedere la valanga e chiedere ai Comuni di gestire l’emergenza valanghe senza quella Carta è come chiedere ad un automobilista cieco di guidare una vettura”. Il climatologo Fazzini sottolinea che la realizzazione della Clpv “non comporta particolari difficoltà e tempi molto lunghi, tanto è vero che io ne ho realizzate 80 nel giro di due estati, in ambienti molto più complessi come quello delle Dolomiti.