Pescara: settimana corta al Classico, l’ira dei genitori

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Pescara: settimana corta al Classico, l’ira dei genitori alla vigilia dell’udienza al Tar che potrebbe sospendere il provvedimento del dirigente scolastico.

Un estate di lavoro per il Comitato spontaneo formato dai genitori degli studenti del Liceo Classico “G.d’Annunzio” di Pescara che si sono visti calare dall’alto, a conclusione della scorsa stagione scolastica, la decisione di avviare da quest’anno la settimana corta. Lezioni dal lunedì al venerdì, secondo la seguente  distribuzione oraria. Gli studenti del ginnasio staranno a scuola dalle 8:15 alle 13:45 ( 6 ore di lezione) per tre giorni su cinque. I loro compagni del liceo, invece, il lunedì saranno in classe dalle 8:15 alle 13:45 ( 6 ore di lezione ) e dalle 14:30 alle 16:20 ( altre 2 ore di lezione) con una pausa di 45 minuti. Dal martedì’ al venerdì faranno lezione dalle 8:15 alle 13:45.

“Nella riunione del Consiglio di Istituto del 17 giugno – scrive in una nota il Comitato – in cui una maggioranza molto risicata, deliberò questo nuovo orario, il Dirigente Scolastico ci rassicurò dicendo “ la scuola si impegna a mettere nelle ultime ore le materie meno gravose”. L’impegno, però, non è stato mantenuto: l’orario attualmente in vigore prevede nelle due ore pomeridiane del lunedì e nelle  ultime ore antimeridiane Latino, Greco, Italiano,  Filosofia, Storia, Matematica e Fisica”

Altra incognita, quella della Pausa Pranzo. Sempre nella riunione del 17 giugno la dottoressa D’Amico disse che i ragazzi avrebbero usufruito del servizio catering offerto dalla scuola. Offerta sicuramente generosa, ma di difficile realizzazione se si considera che nello stabile del Liceo classico mancano aule a norma per ospitare in sicurezza 300 ragazzi tutti insieme.

“Se ne deve essere accorta anche il Dirigente se ieri mattina ( 20.09.2017), senza aver preventivamente avvertito il Rappresentante degli studenti e senza aver consultato le famiglie, ha somministrato agli studenti del triennio, per la maggior parte minorenni, un sondaggio in cui hanno dovuto firmare la loro adesione a due possibili modalità: uscire in strada e mangiare non si sa bene dove e che cosa oppure rimanere a scuola per mangiare non si sa dove, l’ennesimo panino della giornata o il pasto proposto dal catering a pagamento. Tale sondaggio ha valore puramente indicativo, serve cioè al Dirigente per “avere una statistica circa le scelte che gli alunni intendono fare, utile per una   prima valutazione relativa ad aspetti organizzativi” o è stata messa in atto l’ennesima “forzatura” per vincere il ricorso  cautelare in discussione al TAR. Togliamo la mensa , eliminiamo un problema soprattutto in termini di sicurezza!! Certamente una cosa sola è ovvia  a tutt’oggi non si sa cosa succederà al Liceo Classico  di Pescara per attuare questa “ maledetta” settimana corta i cui scopi, sicuramente non didattica, rimangono ancora un mistero!   E allora. Non sarebbe stato meglio risolvere prima gli aspetti organizzativi e solo dopo proporre e deliberare la settimana corta? Come possiamo stare tranquilli noi genitori se l’istituzione a cui abbiamo affidato i nostri figli ricorre a questi mezzucci per eludere un aspetto tanto importante  come  la sicurezza? “

Non tutto può essere fatto in nome dell’ autonomia scolastica  e già diversi Tribunali Amministrativi Regionali stanno intervenendo in tutta Italia per correggere casi di interpretazione personale, più che autonomia vera e propria, che certamente va oltre quanto indicato nella riforma della Buona Scuola.

“Speriamo che anche per il nostro storico e tanto amato Liceo Classico “G. D’Annunzio “ – scrivono i genitori –  si avrà un intervento risolutivo della nostra Magistratura così come è avvenuto la situazione simile del liceo Aristotile di Roma a mezzo del TAR Lazio.”

Domani mattina, intanto, l’attesa udienza al Tar Abruzzo dopo il rinvio dello scorso 9 settembre dettato dal passo indietro del giudice per evidenti conflitti d’interesse visto che il figlio frequenta l’Istituto di Via Venezia. I punti principali sui quali si basa il ricorso del Comitato, composto fattivamente da un centinaio di persone, ma che nasce da una petizione contro la settimana corta firmata dalla stragrande maggioranza di genitori e prende forza dal voto unanime della componente studentesca, contro il provvedimento del dirigente scolastico, si basa su un principio  fondamentale ribadito da una recente sentenza della Corte Costituzionale e venuto meno in questa circostanza, ovvero che é la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionare la doverosa erogazione. L’istituzione della settimana corta, invece, sembra perseguire di fatto, in mancanza di valide motivazioni didattiche, unicamente presunti risparmi, sacrificando i ragazzi a ritmi concitati che non assecondano la sedimentazione delle conoscenze. Tutto questo in barba ad una lunga serie di studi sul fisiologico calo di concentrazione e capacità di apprendimento dopo le 12 del mattino ed i numerosi appelli di insegnati in tutta Italia che evidenziano le gravi problematicità di una simile distribuzione degli orari. Se con l’Autonomia Scolastica, interpretata in un certo modo, il dirigente scolastico ha più le sembianze di un manager d’azienda che quella di tutore dell’istruzione per migliaia di ragazzi, c’é anche da sottolineare il problema della reale sussistenza di democraticità nel processo decisionale in capo agli organi collegiali, consiglio docenti e consiglio d’Istituto, preposti a votare provvedimenti che, come la settimana corta, forzano i ritmi naturali dei ragazzi. Precisa ancora il Comitato nelle note che spiegano il ricorso:

“Noi ricorrenti, come molti altri in Italia, abbiamo preferito iscrivere i nostri figli in un istituto che applica un orario tradizionale, nella convinzione scientificamente dimostrata, che garantisce le migliori condizioni per favorire l’istruzione e l’apprendimento da parte dei nostri figli, e vi abbiamo fatto affidamento per tutto il corso di studi sin dal giorno dell’iscrizione. Del resto, nel caso specifico,  la prova del decadimento del livello di istruzione che l’introduzione della settimana corta  potrebbe comportare, è rinvenibile nelle deduzioni stesse del dirigente scolastico del D’Annunzio laddove afferma che buona parte del lavoro che finora i ragazzi hanno svolto a casa, lo svolgeranno a scuola. Non vi è chi non veda come il significato di tale affermazione equivale a dire che alcune ore di lezione perderanno la peculiare finalità per sopperire alla mancanza di tempo a disposizione dei ragazzi per compiti e studi a casa, sui compiti i docenti saranno gioco forza più tolleranti, con inevitabili ripercussioni negative sulle lezioni successive alle quali i ragazzi arriveranno meno preparati, innescando quindi un circolo vizioso che determinerà l’abbassamento della qualità e del livello di preparazione offerto dalla scuola.”