Chieti: riduzione in schiavitù, nigeriani condannati

La Corte d’Assise di Chieti ha condannato quattro nigeriani per riduzione in schiavitù nei confronti di alcune loro connazionali portate in Italia ed avviate alla prostituzione.

Quattro persone sono state condannate e tre assolte dalla Corte d’Assise di Chieti nel processo nei confronti di sette cittadini nigeriani accusati di riduzione in schiavitù nei confronti di alcune loro connazionali e di aver procurato l’ingresso illegale in Italia delle donne al fine di destinarle alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo.

La Corte, presieduta da Geremia Spiniello, giudice a latere Isabella Maria Allieri, ha condannato a 14 anni di reclusione Eric Osawemwenze , di 50 anni, Kelly Iyekekpolor, 35anni,  e Augustine Efe Ogbonmwan ,50 anni, e a 13 anni di carcere a Happy Nowe Odia ,36 anni, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Assolti per non aver commesso il fatto Steffina Owaeghianye (41), Jiuliet Osawemwenze (30) e Maro Opiah Ogbonmwan (35).

Il pm David Mancini aveva chiesto le quattro condanne, tutte a 12 anni di reclusione, e tre assoluzioni. Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale dell’Aquila portarono nel settembre del 2011 all’arresto di sei persone da parte della Squadra Mobile di Pescara. Le vittime erano giovani donne nigeriane che venivano segregate per diversi giorni dentro un’abitazione a Montesilvanoe, dopo essere state private del passaporto, erano costrette a prestazioni lavorative disumane e a prostituirsi per ripagare la somma di 55 mila euro che era stata spesa, a detta degli sfruttatori, per farle entrare in Italia. Le donne venivano anche minacciate di essere sottoposte a riti voodoo.