Chieti: migranti, Cafiero De Raho “no a speculazioni”

A Chieti nel corso di un convegno il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho invita al controllo e al rispetto dei principi internazionali  evitando speculazioni.

Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, oggi a Chieti per partecipare al convengo dal titolo “La speranza oltre le sbarre, viaggio in un carcere di massima sicurezza” al quale hanno preso parte anche il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini,  l’arcivescovo di Chieti Vasto Bruno Forte insieme agli autori del libro a cui si richiama il tema dell’iniziativa la giornalista Angela Trentini e il teologo Maurizio Gronchi.

Il  procuratore Federico Cafiero De Raho, rispondendo alla domanda su come si potrebbe evitare un business con l’accoglienza, ha detto che “Un controllo e un’organizzazione che consenta di soddisfare innanzitutto i principi fondamentali del diritto internazionale, del diritto di asilo e al tempo stesso evitare che da ciò ne possa derivare una speculazione”.

IL SERVIZIO DEL TG8:

Sulle mafie ha detto che ” ormai sono presenti ovunque, ovunque si possa reinvestire, ovunque c’è possibilità di infiltrarsi nell’economia. Certo che oggi hanno un abito diverso. Si presentano attraverso imprese, riescono a colonizzare, riescono a stabilizzarsi nei vari territori e di volta in volta individuano i settori nei quali poi muoversi e reinvestire. Questo è il pericolo maggiore, quello di un’economia inquinata, che finisce poi per sovvertire i rapporti di legalità che dovrebbero presiedere a qualunque scelta economica. Quanto ai settori che in Abruzzo potrebbero essere a rischio in primo luogo la ricostruzione, le imprese che di volta in volta intervengono per rimettere in sesto quella parte delle costruzioni che sono state abbattute”.

In merito agli spunti offerti dal libro Cafiero De Raho ha aggiunto che “Non e’ sufficiente affermare di essersi pentito, bisogna fare qualcosa perche’ quel pentimento diventi concreto. Nel momento in cui si valuta un detenuto per recuperare le sue parti migliori, non si deve mai far perdere la speranza ma una distinzione certamente va fatta. L’aspetto da guardare con maggiore attenzione non e’ il perdonismo ma il rispetto della dignita’. Nel momento in cui viene inflitta una pena non deve essere mai offesa la dignita’ di un uomo. Anche l’afflittivita’ della pena non deve essere mai tale da determinare offesa alla dignita’. Penso quindi a delle carceri piu” decorose e rispettose dell’igiene. Ma la sanzione va rispettata”. La nostra costituzione, ha aggiunto il procuratore, afferma che la pena ha finalita’ di rieducazione ma per fare questo occorre investire: occorrono persone formate, rendere capaci i soggetti detenuti di svolgere un lavoro. Cosi’ si accende la speranza del cambiamento. E se la pena ha il fine della rieducazione e’ necessario che ci siano soggetti capaci di istruire, formare, educare”.