Una collisione avvenuta nel Cretaceo, a 130 milioni di anni luce: uno scontro ad altissimi livelli, letteralmente stellari, raccontato anche grazie al Gran Sasso Science Institute.
Questo, in sintesi, il risultato della collisione di due stelle di neutroni osservata per la prima volta sia con le onde gravitazionali dagli interferometri, sia con la radiazione elettromagnetica dai telescopi a terra e nello spazio. Inoltre, come se non fosse già abbastanza, l’osservazione dei fenomeni ha permesso anche di scoprire come si formano alcuni elementi chimici pesanti come l’oro e il platino.
“È un momento entusiasmante per la storia dell’astronomia e della fisica in generale – afferma Eugenio Coccia, Rettore del Gran Sasso Science Institute e membro della collaborazione tra Ligo e Virgo – Per la prima volta arrivano dalla stessa sorgente segnali di onde gravitazionali e di onde elettromagnetiche associate alla spettacolare esplosione avvenuta durante il fenomeno. Questa “prima volta” ci indica la soluzione del mistero dei lampi gamma, ci racconta finalmente come vengono prodotti gli elementi pesanti, e cioè dove sono le fabbriche dell’oro nell’Universo.”
L’annuncio, arrivato ieri in diretta mondiale durante la conferenza internazionale della National Science Foundation di Washington, ha visto come unico speaker ufficiale italiano Marica Branchesi, assistant professor presso il GSSI e componente della collaborazione Virgo dell’INFN.
“Mai fino ad oggi – spiega Eugenio Coccia – un evento cosmico era stato osservato sia tramite onde gravitazionali che elettromagnetiche: è la nuova era dell’astronomia “multimessenger” che estende notevolmente il nostro modo studiare il cosmo. È come avere simultaneamente l’udito e la vista per descrivere i fenomeni cosmici che accadono nel nostro Universo”.
Note tecniche:
La scoperta è stata realizzata grazie alla sinergia tra i due Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (l’Osservatorio Ligo) negli Stati Uniti insieme al rivelatore Virgo a Pisa, abbinata alle osservazioni e alle indagini nella banda elettromagnetica ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, come Fermi e Integral, Swift, Chandra, Hubble, che hanno permesso di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda. Il segnale gravitazionale, denominato GW170817, è stato registrato il 17 agosto alle 14:41 ora italiana. La rivelazione è stata fatta dai due rivelatori gemelli Ligo, situati a Hanford, nello stato di Washington e Livingston, in Louisiana, e le informazioni fornite dal terzo rivelatore, Virgo, situato in Italia, vicino a Pisa, hanno permesso la precisa localizzazione dell’evento cosmico. L’evento cosmico è avvenuto alla periferia della galassia NGC4993, in direzione della costellazione dell’Idra, circa 130 milioni di anni luce da noi. Stiamo parlando dunque di un fenomeno accaduto nel Cretaceo quando i dinosauri ancora abitavano il nostro pianeta e da poco si erano sviluppate le piante a fiore. Le due stelle di neutroni poste a circa 300 km di distanza l’una dall’altra, a conclusione del loro inesorabile e sempre più frenetico processo di avvicinamento, hanno spiraleggiato una intorno all’altra, emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Ruotando sempre più veloci e più vicine, hanno distorto lo spazio-tempo circostante, emettendo una grande quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali. Successivamente, si sono scontrate e hanno emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato nello spazio (circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali) dal satellite Fermi della Nasa e quindi confermato dal satellite Integral dell’ESA. Nei giorni e nelle settimane successive allo scontro cosmico è stata individuata l’emissione di onde elettromagnetiche in altre lunghezze d’onda, tra cui raggi X, ultravioletti, luce visibile, infrarossi e onde radio.
“Le onde precedenti nascevano da buchi neri e non erano osservabili dai telescopi – spiega Marica Branchesi – E’ accaduto tutto all’improvviso, rapidamente. Ciò che abbiamo sentito era il segnale di un’onda, lunghissimo, novantanove secondi. Un tempo infinito considerando che il segnale della prima onda ricevuta, quella dei due buchi neri, era durata un quinto di secondo”.
L’Italia è tra i protagonisti a livello mondiale di questo straordinario risultato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che ha fondato il rivelatore per onde gravitazionali Virgo, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che ha “fotografato” e quindi riconosciuto e caratterizzato, tra i primi al mondo con strumenti da terra e dallo spazio, la sorgente denominata AT2017gfo e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che partecipa con missioni dedicate all’astrofisica delle alte energie.
“Le osservazioni fatte dal telescopio Very Large Telescope (VLT) – si legge nella nota del GSSI – guidate da ricercatori italiani rivelano evidenze della sintesi di elementi pesanti scaturiti in seguito all’immane esplosione, come l’oro e il platino, risolvendo così il mistero, che durava da decine di anni, sull’origine di quasi la metà di tutti gli elementi più pesanti del ferro. Alle stesse conclusioni portano i dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble della NASA. Gli scienziati hanno inoltre avuto la prima conferma diretta che le collisioni tra stelle di neutroni danno origine ai famosi “lampi di raggi gamma” (o Gamma-Ray Burst, GRB) di breve durata”.