Il romanzo del Vangelo, l’ultimo libro di Franco Pasquale

Una nuova tappa della crescita personale di Franco Pasquale: l’ultimo libro dell’autore abruzzese è un romanzo sul Vangelo. “Quei primi passi sulle rive del lago”, in libreria dal 29 giugno, pubblicato da Tabula Fati.

Giovanni Papini, Clemente Rebora, Ardengo Soffici, Giovanni Testori, Carlo Betocchi, Mario Pomilio: sono solo alcuni degli scrittori che hanno visto nel Vangelo una delle strade possibili arrivare alla verità della coscienza. Sullo stesso percorso si inserisce l’ultimo romanzo di Franco Pasquale, la cui prefazione è stata curata dal poeta professore Vito Moretti. L’obiettivo del libro, secondo Moretti, è narrare l’umanità di Pietro, le sue reazioni, i suoi stupori e persino i suoi dubbi di fronte alla progressiva rivelazione della divinità di Gesù.

 

“La voce di Cristo – si legge nella prefazione – ha risuonato lungo i secoli e ha ricordato ai laici e ai religiosi dove fossero il vero e il falso, il bene e il male, la salvezza (che ha anche nome carità, misericordia, indulgenza) e la perdizione, che – in fondo – si identifica sempre con l’egoismo, con l’arroganza, con la superbia e con gli atti contrari alla virtù e all’amore. E non importa che lo scrittore creda o no alla natura divina del Nazareno, alla sua incarnazione nel seno verginale di Maria e agli altri rigorosi e tenaci princìpi del Cattolicesimo; non occorre saperlo per asserire che la venuta di Gesù sia – per lui come per molti altri di ieri e di oggi – l’evento più rimarchevole e significante della storia dell’uomo; non serve, insomma, per Franco Pasquale, l’ossequio del devoto o l’animo del credente per riconoscere nel messaggio di Cristo (lo sosteneva anche Voltaire) la pienezza di quell’etica, di quella moralità universale, di quella visione pacifica e solidaristica di cui il mondo ha necessità per rinascere dai suoi tanti mali e per instaurare – finalmente – un vero e indubbio progresso civile, cioè un progresso che non conosca prevaricazioni né il tradimento dei doveri e della probità. Verosimilmente l’animus religioso di Franco Pasquale è fatto di un Cristianesimo sostanziale e di un sentire che si nutre di Assoluto per credere che i valori autentici d’umanità e giustizia valgano sempre, al di là dei traumi personali o di quelli delle culture e della storia. Egli sa che tutto cambia e che anche i modi della Chiesa si sono trasformati. Sono scomparse, peraltro, le tonache dei preti, le recite collettive del Rosario, le file lunghe e piene dei seminaristi a passeggio sull’Orientale e la pratica dei fioretti nel mese di maggio, ma egli sa pure che il Cristianesimo (il messaggio contenuto nel Vangelo) resta in ogni caso un dato irremovibile nel processo di riscatto e di liberazione dell’umanità, un orizzonte che non occulta mai e che apre, piuttosto, alla dignità e ai colori vigorosi e solleciti della vita. Con questo bagaglio di certezze e di pensieri, Franco Pasquale si è accostato alle pagine del Nuovo Testamento e ha elaborato questo suo romanzo, che è una storia (in cinquanta piccoli capitoli) del rapporto di Simone (Pietro) e del mondo giudaico con Gesù e con la rivoluzione della sua buona novella”…