L’Aquila: crollo Convitto, le motivazioni della Cassazione

‘Sono rimasti inerti di fronte alla gravità dello sciame sismico che colpiva L’Aquila già da mesi. I due imputati avrebbero dovuto dichiarare l’inagibilità della scuola la cui instabilità era nota. O, almeno quella notte, organizzare l’evacuazione degli studenti’.

E’ stata depositata oggi la sentenza della Cassazione che il 23 ottobre scorso ha confermato le condanne per omicidio colposo e lesioni per Livio Bearzi (4 anni), ex rettore del Convitto, e Vincenzo Mazzotta (2 anni e 6 mesi), allora dirigente provinciale responsabile dell’edilizia scolastica. Parliamo del processo per il crollo del Convitto a L’Aquila. Passaggio chiave della sentenza il seguente: ‘Sono rimasti inerti di fronte alla gravità dello sciame sismico che colpiva L’Aquila già da mesi, e che era particolarmente insistente la notte del crollo del Convitto nazionale ( che costò la vita a tre ragazzini ), mentre i due imputati, entrambi con posizione di garanzia, avrebbero dovuto dichiarare da tempo l’inagibilità della scuola la cui instabilità era nota. O, almeno quella notte, organizzare l’evacuazione degli studenti’. Sulla responsabilità di Bearzi, la Suprema Corte dice che ‘per costui il piano di sicurezza prevedeva espressamente il potere- dovere di disporre l’evacuazione in caso di necessità’. Il rettore – prosegue la motivazione della sentenza- avrebbe dovuto fare una sola cosa: far uscire gli studenti da quella trappola prossima al collasso. Per quanto riguarda Mazzotta, la sua è stata colpevole inerzia nel tempo e particolarmente nella fase di critica sismicità. Non è una sua colpa la mancata realizzazione degli interventi strutturali necessari a stabilizzare il Convitto, dato che non c’erano i fondi e che non aveva poteri di spesa, ma – spiega la Suprema Corte – era suo compito attivarsi per regolamentare diversamente l’utilizzo del Convitto o inibire l’uso dell’edificio. Infine, la Cassazione (confermando la sentenza della Corte di Appello aquilana del 16 giugno 2014) sottolinea che ‘non vi è dubbio che l’ente Convitto ed il Ministero dell’istruzione debbano rispondere delle condotte colpose’ del rettore.