No Triv, la Consulta dice sì al Referendum

No Triv, la Consulta dice sì al Referendum. Sì della Consulta al Referendum sulle trivelle, in particolare all’unico quesito rimasto: la durata delle autorizzazioni già concesse ai fini dell’esplorazione e delle trivellazioni. Tanti i commenti e le reazioni.

A proporre il quesito referendario erano rimasti nove Consigli Regionali italiani, dopo che l’Abruzzo si era sfilato ritenendo superato il problema con l’approvazione della nuova legge di stabilità.  Lo stesso quesito era già stato dichiarato ammissibile dalla Cassazione. La Consulta ha dichiarato ammissibile la richiesta di un referendum e improcedibili le altre cinque richieste in materia di ricerca, prospezione e trivellazioni marine. Per questi ultimi cinque quesiti, la Corte Costituzionale non ha potuto che prendere atto della pronuncia dell’Ufficio centrale per il Referendum della Cassazione che aveva dichiarato “non hanno più corso le operazioni concernenti ‎le prime cinque richieste referendarie”, con la conseguente estinzione del giudizio. Il quesito ammesso è l’unico legittimato dall’Ufficio Referendum sulla base della normativa sopravvenuta dopo la richiesta (la Legge di Stabilità 2016). Ora questo referendum riguarderà la durata delle concessioni petrolifere già rilasciate che, se autorizzate fino all’esaurimento dei giacimenti, risulterebbero di fatto prorogate. La sentenza sarà depositata entro il 10 febbraio, come previsto dalla legge.

E’ tutto incentrato sulla “durata di vita utile del giacimento” il quesito referendario ammesso oggi dalla Corte costituzionale. In particolare, con il referendum si chiede di pronunciarsi sulla previsione che le concessioni petrolifere gia’ rilasciate durino fino all’esaurimento dei giacimenti. Il quesito era stato riformulato con l’ordinanza emessa il 7 gennaio dalla Cassazione, sulla base delle modifiche introdotte in materia dall’ultima legge di Stabilita’: mentre gli altri 5 quesiti – inizialmente dichiarati ammissibili dalla Cassazione – erano venuti meno proprio in ragione delle nuove norme, l’Ufficio centrale per i referendum della Suprema Corte, per il sesto, aveva rilevato che la legge, in tal modo, proroga di fatto “i termini gia’ previsti dalle concessioni stesse”. Il referendum era stato chiesto da 10 Consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise). Ma l’Abruzzo, il 14 gennaio scorso, aveva deciso di rinunciare, revocando la procura rilasciata all’avvocato che in udienza ha rappresentato i delegati dei Consigli regionali. La chiamata alle urne per il riferendum sara’ possibile nella prossima primavera.

Sulla decisione della Corte Costituzionale di ammettere il quesito referendario contro le trivelle e le ricerche degli idrocarburi in mare si registrano diversi commenti:

Esultano le associazioni ambientaliste in un comunicato congiunto che riportiamo di seguito.

“La Sentenza della Corte Costituzionale, che ha confermato il referendum sulle trivelle sul quesito già “promosso” dalle Corte di Cassazione, ci dà lo spunto per rilanciare richieste chiare al Governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra, sino a quando non sarà definito un Piano energetico nazionale volto alla protezione del clima e rispettoso dei territori e dei mari italiani”. Con questo commento le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e WWF accolgono il giudizio della Consulta, che conferma l’inefficacia del tentativo del governo di scongiurare il referendum sulle trivelle. La decisione della Corte Costituzionale chiarisce come quanto disposto con gli emendamenti alla legge di Stabilità lo scorso dicembre, benché segni un dietro front radicale (e positivo) del governo, non risolva – sulla questione della fascia marina off limits – il conflitto sollevato dalle Regioni contro la strategia fossile del governo Renzi. Le associazioni ambientaliste fanno notare come la volontà del Governo di tutelare gli interessi dell’economia fossile (con le norme pro trivelle come con gli interventi per bloccare lo sviluppo delle rinnovabili) abbia creato un conflitto istituzionale senza precedenti nel Paese. Pur di assecondare le lobby dei petrolieri, l’esecutivo Renzi aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come “opere strategiche” (dunque imposte a forza ai territori) e la creazione di servitù potenzialmente senza limiti di tempo, con concessioni prorogabili ad oltranza. Con le modifiche introdotte nella Legge di Stabilità 2016, grazie all’iniziativa referendaria, l’esecutivo di Renzi è stato in larga misura costretto a smentire se stesso. La Corte Costituzionale oggi respinge di fatto i tentativi furbeschi messi in campo dal governo per eludere il merito della questione delle trivelle entro le 12 miglia; e rimette al giudizio dei cittadini quei meccanismi legislativi truffaldini con cui si è aggirato sino ad oggi un divieto altrimenti chiaro, lasciando campo libero ai petrolieri fin sotto costa. La Corte Costituzionale ha quindi ritenuto che le affrettate modifiche governative non siano sufficienti e ha rimandato alla volontà popolare la decisione su quelle disposizioni del Decreto Sviluppo del 2012 (decreto legge 83/2012) che fanno salvi non solo i titoli abilitativi già rilasciati all’entrata in vigore della norma (cioè i diritti già acquisiti), ma anche i procedimenti autorizzativi in corso, conseguenti e connessi in essere a fine giugno 2010 nella fascia off limits delle 12 miglia. La modifica voluta dal Governo, pur eliminando la “sanatoria” sui procedimenti in corso, introduce una formula ambigua rispetto alla durata delle concessioni (per la durata di vita utile del giacimento). Le Associazioni ambientaliste chiedono che nessuna nuova infrastruttura estrattiva possa essere realizzata in deroga a un Piano delle aree, da sottoporre a valutazione ambientale strategica, come stabilito dalla normativa comunitaria. E dichiarano tutto il loro impegno per la campagna referendaria, che da oggi ufficialmente, impegnerà tutte le energie positive del Paese nel tentativo di respingere l’assalto dei petrolieri ai nostri mari e i piani fossili del governo di Roma.”

Interviene il costituzionalista abruzzese Enzo Di Salvatore:

”Tre quesiti erano stati superati in senso positivo dalle nuove norme poste in Legge di Stabilità, due andranno di fronte alla Corte per il conflitto di attribuzione, uno è passato: al momento il fronte referendario è sul 4-2 con Renzi”. Lo afferma soddisfatto il costituzionalista di riferimento delle Regioni, Enzo Di Salvatore, colui che ha materialmente scritto i quesiti, dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato ammissibile il referendum sulla durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. ”Il Governo voleva far saltare i referendum per non sovrapporli alle amministrative, visto che i sondaggi davano la vittoria anti trivelle al 67% – prosegue Di Salvatore, professore di diritto costituzionale all’Università di Teramo – Ora restano in piedi i quesiti su Piano Aree e durata titoli: secondo me la Corte Costituzionale dichiarerà ok anche gli altri due, quindi se il Governo non vuole i referendum, dovrà modificare la legge anche stavolta a nostro favore. Siamo soddisfatti, anche perché ripeto che lo scenario più probabile è che il Governo, che vuole a tutti i costi evitare i referendum, modificherà anche queste norme – prosegue Di Salvatore – la decisione di oggi rende più forte il conflitto di attribuzione, e se passa quello sul ripristino del Piano Area, a quel punto abbiamo messo una bella ipoteca sullo stop alle trivelle in mare Adriatico per sempre”. Secondo il costituzionalista ”la paura di un referendum in materia energetica ha avuto il suo peso, non è la legge elettorale. Per ora c’è lo stop nelle 12 miglia, col Piano Area si riapre la partita in terraferma e sul mare continentale, laddove enti locali, regioni e governo si devono mettere d’accordo: questo sarà il referendum decisivo per il mare. Se Renzi lo vuole evitare, dovrà cambiare la norma e dire no alle trivelle”.

Il commento dell’onorevole Fabrizio Di Stefano di Forza Italia.

“Apprendiamo con gioia – ha detto Fabrizio Di Stefano, parlamentare di Forza Italia – che il quesito referendario contro le trivelle e le ricerche degli idrocarburi in mare è stato ammesso dalla Consulta,  vano pertanto è stato lo  sforzo di ruffianeria del Presidente della Regione, Luciano D’Alfonso e della sua Giunta che proprio giorni fa, a tal proposito, hanno fatto un passo indietro”.

La replica di Camillo D’Alessandro, coordinatore maggioranza in Consiglio Regionale.

“Premesso che siamo stati noi e non certo Fabrizio Di Stefano a mettere in campo l’iniziativa referendaria anti trivelle nonche’ l’attivita’ di confronto politico che ha portato alla norma del Governo da tutti salutata con favore e festeggiata, non e’ pervenuto alcun contributo del senatore di Forza Italia nella sua lunga attivita’ parlamentare per risolvere il problema”. Inizia cosi’ la replica al parlamentare abruzzese da parte di Camillo D’Alessandro, coordinatore della maggioranza in Consiglio regionale. “Il quesito referendario ammesso oggi dalla Consulta – chiarisce l’esponente politico – non risolve cio’ che accade oltre le 12 miglia, poiche’ affronta solo le attivita’ gia’ autorizzate entro tale limite. L’unica certezza e’ che – anche grazie al nostro intervento – Ombrina di ferro non si fara’, indipendentemente dall’esito referendario, perche’ tutte le attivita’ estrattive entro le 12 miglia sono state bloccate dalla norma approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale e concordata da noi con il Governo, mentre solo qualche settimana fa la partita era gia’ chiusa e nessuno sperava piu’ nella norma governativa. Ora l’iniziativa politico-istituzionale va avanti: continueremo a batterci per una soluzione legislativa positiva che tuteli il mare blu oltre le 12 miglia e il giacimento naturale delle isole Tremiti”, conclude D’Alessandro

E arriva l’intervento del presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, il quale anticipa che le strategie della Giunta non mutano.

“Accolgo con grande rispetto la decisione della Consulta sul referendum residuale. Questa circostanza non modifica le strategie della Giunta che presiedo la quale, e’ bene ricordarlo, e’ stata tra le prime a promuovere il ricorso all’iniziativa referendaria per contrastare l’arrivo di Ombrina”. Lo afferma il presidente della Regione Luciano D’Alfonso. “Accolgo positivamente – prosegue – la notizia secondo la quale il Governo ha in preparazione un intervento normativo sulla durata delle trivellazioni, a dimostrazione del fatto che la linea del dialogo e’ quella giusta. Domani, come noto da tempo – ricorda infine il governatore – saro’ a Palazzo Chigi dal Sottosegretario Claudio De Vincenti per ottenere risultati fattivi nella tutela del mare blu e delle isole Tremiti.”

Il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, interviene in merito alla scelta della Regione Abruzzo.

“È come quando uno si vende la schedina prima della partita, e poi si ritrova col tredici. Lo dico con affetto nei confronti del mio amico Luciano D’Alfonso che avrebbe potuto festeggiare con noi”. Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano di commentare la decisione dell’Abruzzo, unica regione che ha deciso di non seguire le altre regioni sul confronto referendario dopo averlo promosso.

L’Avvocato Stelio Mangiameli afferma che:

“Dopo la decisione della Corte Costituzionale sappiamo che su uno dei quesiti centrali, quello che riguarda un prolungamento sine die delle autorizzazioni già concesse, ci sarà il referendum, a meno che governo e parlamento intervengano sulla materia”. Lo afferma l’avvocato Stelio Mangiameli che ha rappresentato i Consigli Regionali di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise di fronte alla Corte Costituzionale nell’esame dei referendum sulle trivelle. “Le norme precedenti – spiega il legale – prevedevano, per i titoli già concessi, proroghe di 30 anni, aumentabili di altri 10 e altri 5. Le modifiche introdotte con la legge di Stabilità eliminano la scadenza trentennale e fanno sì che in sostanza non ci sia più un termine. Su questo punto ci sarà il referendum: la Cassazione aveva già detto che il quesito era legittimo e oggi la Consulta lo ha dichiarato ammissibile”. “La Corte Costituzionale – aggiunge Mangiameli – ha dichiarato invece improcedibili gli altri cinque quesiti. Per tre la legge di Stabilità ha adottato le misure che le Regioni chiedevano col referendum e quindi non c’è più materia del contendere e anzi le Regioni hanno avuto grande successo da questo punto di vista. Per due, invece, c’è ancora una battaglia aperta. Si tratta del quesito sul piano aree, che le Regioni chiedevano di rafforzare e la legge di Stabilità ha di fatto abrogato; e di quello sulle proroghe in senso lato, relative anche a nuove concessioni. Attualmente sono di 10 anni, più 10 più 5 per le trivellazioni; 30 più 10 per lo sfruttamento; e 6 più 3 più 3 la ricerca. Noi diciamo invece stop alle proroghe e si passi al rispetto della normativa europea, per cui la concessione si dà a seguito di una gara. Su questi due aspetti procederemo con un conflitto d’attribuzione tra poteri di fronte alla Corte Costituzionale e nei confronti dell’Ufficio centrale della Cassazione per il mancato trasferimento sulle nuove disposizioni dei quesiti due e tre”.

L’intervento di Mario Mazzocca, sottosegretario alla Presidenza Regione Abruzzo, con delega all’ambiente.

“Tra me e la Giunta, al momento della delibera, c’era una sostanziale diversità di vedute sul tema della cessazione dell’oggetto del contendere, che invece ha generato la presentazione della memoria alla Corte di Cassazione sul sesto e residuale quesito”. Così il Sottosegretario Regionale con delega all’ambiente Mario Mazzocca, durante la conferenza stampa di bilancio presidenziale 2015, chiarisce la sua posizione in merito alle ultime vicissitudini che hanno visto il Governatore D’Alfonso elidere inaspettatamente l’Abruzzo dal compatto e irriducibile fronte referendario No Triv Vs. Ombrina. Con l’emendamento n.16.293 della Legge di Stabilità 2016 che reintroduce il limite delle 12 miglia marine per le attivita’ di ricerca e produzione idrocarburi in tutta Italia e il conseguente blocco di Ombrina Mare, oltre che di tutti i progetti analoghi, “la materia del contendere è cessata” – spiega D’Alfonso – “Il 51 per cento del risultato va ai cittadini liberi dei comitati, alla mobilitazione popolare, e un 49 per cento pesante va ascritto al lavoro che abbiamo messo in campo”. Una straordinaria vittoria che passa attraverso momenti chiave, come quello del Manifesto di Termoli, assunto poi dalla Conferenza delle Regioni, scritto a quattro mani dai delegati regionali all’ambiente di Abruzzo e Basilicata Mario Mazzocca e Aldo Berlinguer, e dell’ iniziativa referendaria attivata con “l’intento di stimolare il Governo a rivedere la norma e non già per aprire conflitti”. Una volta createsi le condizioni, il 10 dicembre a Palazzo Chigi è poi arrivato l’accordo “satisfattivo, ossia che fa cessare la materia del contendere”. Per il Presidente, comunque, si tratta di un punto d’inizio: dal 20 gennaio si riprenderà l’iniziativa istituzionale per salvare le Isole Tremiti e per estendere ulteriormente il limite di perforazione.

Intanto  il governo starebbe studiando, a quanto si apprende da fonti parlamentari, una selettiva modifica al decreto Sblocca Italia. Tra le ipotesi un provvedimento che intervenga sulla durata delle trivellazioni, oggetto del referendum dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale.