Inchieste Regione, si scava anche nel passato

Altri indagati e proroghe nelle inchieste sulla Regione Abruzzo. Emergono anche vicende di oltre un decennio fa, come quella del nuovo stadio di Teramo.

Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta della Procura de L’Aquila su una serie di appalti regionali, non soltanto del recente passato. Oltre a quelle proiettate nel futuro, come le gare del Masterplan non ancora bandite, tornano alla ribalta anche vicende lontane nel tempo oltre un decennio.

Tra gli indagati della ultima tranche, quella di ieri, il più noto dei nomi è infatti quello di Sabatino Cantagalli, per fatti risalenti al 2006 nella città di Teramo, dove il costruttore edificò lo Stadio Bonolis e il Centro Commerciale Gran Sasso. All’epoca dell’iniziativa immobiliare la Giunta Regionale era presieduta da Pace, e dall’aprile 2005 da Del Turco. La procedura per la realizzazione dell’operazione urbanistica fu tuttavia realizzata dall’imprenditore di Teramo soprattutto con il Comune: avviata con la amministrazione Sperandio e completata con Chiodi. Il Consiglio Regionale dell’epoca, venne coinvolto, perché approvò a maggioranza e a scrutinio segreto alle 5,30 del mattino, un emendamento alla Legge Passeri proposto dal consigliere Paolo Tancredi, che consentì la realizzazione del progetto del centro commerciale da 30mila metri quadri. L’operazione permise di assegnare ufficialmente a Teramo aree contingentate per 15mila metri quadrati, in deroga alla legge sul commercio, e senza necessità di ricorrere all’accorpamento di licenze.

Nella richiesta di proroga delle indagini ricevuta dal noto imprenditore teramano non è noto se vi siano coindagati su questo filone. Ufficialmente, assieme a Cantagalli, altre tre persone entrano da ieri nell’inchiesta, facendo salire a 27 il numero degli indagati.

Per l’appalto per la ricostruzione di palazzo Centi è indagato il dirigente regionale del genio civile Carlo Giovani, dell’Aquila, (assolto per il crollo della casa dello studente), accusato di turbativa d’asta nel suo ruolo di componente della commissione amministrativa. I fatti contestati risalgono al 27 maggio 2015, giorno di pubblicazione della gara di appalto su palazzo Centi. Ieri i carabinieri del Noe hanno notificato una proroga delle indagini a lui e ai due componenti della commissione di gara, i funzionari Roberto Guetti e Silverio Salvi, nomi già noti perché oggetto di perquisizione.

In un altro nuovo filone entra infine un contributo pubblico chiesto e ottenuto a Giulianova per una iniziativa immobiliare nell’ambito del quale secondo l’accusa ci sarebbero state sollecitazioni nei confronti di alti rappresentanti della Regione Abruzzo, ad interessarsi della pratica in seno alla Sovrintendenza: sono indagati per corruzione aggravata in concorso con altri per un atto contrario ai doveri d’ufficio Giovanni Mosca, ingegnere, e Roberta Caralla, imprenditrice, proprietaria di un ristorante nel centro giuliese. Su questo fronte non sono stati ancora notificati avvisi di garanzia a pubblici ufficiali.

NEL FILONE DI PENNE TRA GLI INDAGATI ANCHE L’EX SINDACO – C’è anche l’ex sindaco di Penne (Pescara), Rocco D’Alfonso, accusato di abuso d’ufficio, tra gli indagati nel filone relativo alla città pennese della mega inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo. Un’indagine, coordinata dal procuratore Michele Renzo e dal sostituto Antonietta Picardi che arriva, così, a 28 indagati noti negli 8 fronti investigativi attualmente aperti con ulteriori sviluppi attesi, tra cui dirigenti e funzionari regionali, professionisti esterni, imprenditori, il presidente, Luciano D’Alfonso, e gli assessori regionali Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Dino Pepe. Le ipotesi di accuse, a vario titolo, sono di corruzione, turbativa d’asta, falso ideologico, abuso d’ufficio. Rocco D’Alfonso è attualmente nello staff a Pescara della squadra del presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, anch’egli coinvolto in questo filone, come svelato da lui stesso giovedì scorso, quando la notizia dell’inchiesta è divenuta pubblica, in una delle tre note che ha diffuso ai media. I due D’Alfonso sarebbero indagati, secondo quanto si è appreso, nell’ambito di una vicenda legata alla cessione di un immobile di proprietà comunale, messo in vendita nel 2015 perché il Comune di Penne aveva bisogno di fare cassa essendo a rischio lo sforamento del patto di stabilità interno. Per portare a termine l’operazione occorreva, però, superare il vincolo dei Beni culturali. L’allora primo cittadino ha chiesto alla Soprintendenza che il vincolo decadesse e ha atteso il parere della relativa commissione per completare la vendita. La commissione, però, tardava a riunirsi e Rocco D’Alfonso, vista l’urgenza di chiudere il bilancio, ha chiesto l’intervento del presidente della Regione. Luciano D’Alfonso ha telefonato a un funzionario dei Beni culturali per sollecitare il parere. Questa telefonata sarebbe stata letta dagli inquirenti come una “pressione indebita” sul funzionario per favorire la decadenza del vincolo e la vendita dell’immobile. Il quale è stato comunque svincolato, secondo quanto si e’ appreso dopo qualche mese. Intanto, si svolgeranno domani gli interrogatori di Mauro Pellegrini, dell’impresa Dipe, difeso dall’avvocato Massimo Carosi, indagato nell’ambito del filone sulla gara per la ricostruzione di palazzo Centi, di Berardino Di Vincenzo, ex alto dirigente dei Beni culturali, ora in pensione e consulente senza emolumento del presidente D’Alfonso, e il figlio Giancarlo, architetto, coinvolti nello stesso filone

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L'autore

Carmine Perantuono
Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.