Acqua su Marte: la scoperta presentata anche dall’Ud’A

Un lago sotterraneo di acqua salata su Marte: la scoperta italiana è stata presentata anche dall’università degli studi Gabriele d’Annunzio. Il bacino idrico potrebbe essere una nicchia biologica e ospitare la vita.

A rivelare che sul pianeta rosso c’è dell’acqua e quindi la possibilità di vita sono le conclusioni delle indagini di uno studio del radar italiano Marsis, pubblicate su Science e presentate da Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), università Roma Tre, università La Sapienza, università Gabriele d’Annunzio (Chieti-Pescara), Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).

I dati indicano che il liquido è salato, perché si trova a una profondità di 1,5 km e ben al di sotto di 0°C: si tratta di un bacino idrico che ha tutti i requisiti per ospitare la vita. A un chilometro e mezzo sotto i ghiacci del Polo Sud di Marte c’è dunque un grande lago di acqua liquida e salata, scoperto dal radar italiano Marsis della sonda Mars Express.

I dati di Marsis indicano che probabilmente l’acqua è salata poiché alla profondità di 1,5 km, dove è stata identificata, la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0°C. I sali, che probabilmente sono simili a quelli che la sonda Nasa Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da “antigelo”, aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche a una nicchia biologica. I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte e ora, messo a punto il metodo di analisi, potranno continuare a investigare.

La parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar per arrivare a determinare la costante dielettrica dello strato riflettente e identificarne quindi la natura. Questa parte del lavoro è durata quasi 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida.

“Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale, simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da Marsis”, dice Elena Pettinelli, responsabile del Laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma Tre e co-investigatore di Marsis. “In alternativa – continua – potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro”.

La scoperta di Marsis è in continuità con le altre che, in passato, hanno evidenziato la presenza di acqua su Marte. Grazie alla sonda Viking della Nasa, dal 1976 è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi. Le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza.

“Il grande dilemma era quindi quello di dove fosse finita tutta quell’acqua”, racconta Roberto Orosei dell’Inaf, primo autore dell’articolo. “Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido”.

Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’agenzia spaziale europea (Esa) e l’Asi propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità.

Marsis è un radar sounder, ovvero un radar che opera a frequenze tra 1.5 e 5 MHz in grado di penetrare nel terreno marziano fino a 4 o 5 km di profondità, a seconda delle caratteristiche geofisiche degli strati profondi, ma anche di misurare con accuratezza lo stato e le variazioni della ionosfera marziana.

“Era uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dall’unico lontano precursore volato un quarto di secolo prima sull’ultima missione Apollo, estremamente promettente di cui si doveva non solo sviluppare l’elettronica, ma anche il modo di elaborarne i dati. Un contributo importante venne dai colleghi del Jpl della Nasa e dell’Università dell’Iowa”, commenta Enrico Flamini, già Chief Scientist di Asi.