Edilizia, Fillea: decine i casi di irregolarità nelle assunzioni

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Cambiano i metodi ma lo stile è lo stesso. I casi di metodi “mafiosi” o camorristici di sfruttamento del lavoro che finiscono sulle scrivanie della Fillea Cgil, il sindacato edile della provincia dell’Aquila, sono decine, centinaia.

Operai vessati, sfruttati, apparentemente assunti in modo regolare, in realtà finiscono nel giogo del lavoro grigio, dal quale è difficile uscire. Casi diversi da quelli emersi nella recente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila definita “Caronte”, diversi appunto nelle metodologie messe in atto per estorcere soldi ai lavoratori – ad esempio versamenti di acconti di stipendio su una postapay anziché un bancomat – ma che sortiscono lo stesso effetto: lo sfruttamento del lavoro grigio, cioè apparentemente regolare, non sommerso, ma in realtà pieno di storture.

Come il caso del lavoratore di un’impresa edile di un Comune del cratere sismico a poche decine di chilometri dall’Aquila, che non pagato da alcuni mesi si è rivolto alla Fillea Cgil. Da una ricostruzione della sua situazione è emerso che la busta paga (e dunque il contratto) è soltanto apparentemente in regola. Invece il compenso pagato non corrisponde a quello dichiarato, viene versato in carte prepagate tipo postapay o consegnati in acconti cash, niente assegni familiari versati (l’operaio ha 4 figli) e, inoltre, la ditta non risulta iscritta all’ente bilaterale della Cassa edile dell’Aquila. A dispetto di quanto previsto nel contratto, l’operaio viene adoperato anche in mansioni diverse da quelle per cui è stato inquadrato. E’ solo uno degli infiniti casi affrontati quotidianamente dalla Fillea Cgil, come spiega la segretaria Cristina Santella.